Credo di appartenere a una generazione fortunata. Son passato ad avere (quasi) nulla al (troppo) tutto. I miei nonni, nella loro casa in campagna (prima e unica casa, non seconda o terza...) avevano il cesso in cortile (la turca) e quando andavo da loro, finita la stagione scolastica alle elementari, se mi scappava di notte dovevo mettere le scarpine per andare fuori, magari sotto l'acquazzone. La carta igienica era un foglio di giornale infilato in uno spuntone di ferro. Di giorno, con il caldo afoso, quel cesso era la residenza stabile di un enorme moscone verde sempre affamato. Erano bei tempi, nonostante tutto. C'erano i 45 giri, gli infernali clic-clac, la filodiffusione, nei cinema era consentito fumare e sembrava di essere a Londra in una notte di novembre. Poi è arrivata la tv a colori, il telefax, il videoregistratore, i dvd, i telefonini, Internet. E abbiamo cominciato a stare peggio. Con Facebook la nostra privacy è andata a farsi benedire e i cavoli nostri sono diventati i cavoli di tutti. "Appena svegliato", "In partenza per il mare", "Sono affamato". I nostri pensieri sono diventati i "vostri" pensieri, e non siamo mai stati sfiorati dal sospetto che agli altri, di ciò che facciamo, non frega una beata cippa. E ogni "Mi piace" dei nostri amici sotto ogni cagata che scriviamo, ci rende felici come bambini, se siamo in fila alle Poste lo facciamo sapere al mondo intero attraverso il Blackberry dell'ultimissima generazione. E se, alla sera, il TG continua a ripetere che il 70% degli italiani non arriva alla fine del mese, ci precipitiamo al computer per postare su Facebook la nostra preoccupazione. L'inevitabile lacrimuccia, poi, riga spontanea la nostra guancia nel momento in cui Carlo Conti, alla fine di ogni puntata de "I migliori anni", sciorina lo struggente campionario del "Noi che..". Noi, che in treno parlavamo con gli altri viaggiatori anziché rompere/farsi rompere i coglioni con quei maledetti telefonini". "Ah, si stava meglio quando si stava peggio!", sospiriamo, mentre affidiamo a Facebook l'ultima buona azione quotidiana prima di andare a nanna: "Morfeo, sto arrivando!".Prosit...
Credo di appartenere a una generazione fortunata. Son passato ad avere (quasi) nulla al (troppo) tutto. I miei nonni, nella loro casa in campagna (prima e unica casa, non seconda o terza...) avevano il cesso in cortile (la turca) e quando andavo da loro, finita la stagione scolastica alle elementari, se mi scappava di notte dovevo mettere le scarpine per andare fuori, magari sotto l'acquazzone. La carta igienica era un foglio di giornale infilato in uno spuntone di ferro. Di giorno, con il caldo afoso, quel cesso era la residenza stabile di un enorme moscone verde sempre affamato. Erano bei tempi, nonostante tutto. C'erano i 45 giri, gli infernali clic-clac, la filodiffusione, nei cinema era consentito fumare e sembrava di essere a Londra in una notte di novembre. Poi è arrivata la tv a colori, il telefax, il videoregistratore, i dvd, i telefonini, Internet. E abbiamo cominciato a stare peggio. Con Facebook la nostra privacy è andata a farsi benedire e i cavoli nostri sono diventati i cavoli di tutti. "Appena svegliato", "In partenza per il mare", "Sono affamato". I nostri pensieri sono diventati i "vostri" pensieri, e non siamo mai stati sfiorati dal sospetto che agli altri, di ciò che facciamo, non frega una beata cippa. E ogni "Mi piace" dei nostri amici sotto ogni cagata che scriviamo, ci rende felici come bambini, se siamo in fila alle Poste lo facciamo sapere al mondo intero attraverso il Blackberry dell'ultimissima generazione. E se, alla sera, il TG continua a ripetere che il 70% degli italiani non arriva alla fine del mese, ci precipitiamo al computer per postare su Facebook la nostra preoccupazione. L'inevitabile lacrimuccia, poi, riga spontanea la nostra guancia nel momento in cui Carlo Conti, alla fine di ogni puntata de "I migliori anni", sciorina lo struggente campionario del "Noi che..". Noi, che in treno parlavamo con gli altri viaggiatori anziché rompere/farsi rompere i coglioni con quei maledetti telefonini". "Ah, si stava meglio quando si stava peggio!", sospiriamo, mentre affidiamo a Facebook l'ultima buona azione quotidiana prima di andare a nanna: "Morfeo, sto arrivando!".Prosit...
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