In maniera intelligente, ma soprattutto furba, Creed sposta l’attenzione dall’ormai preistorico campione di Philadelphia (improponibile ormai sul ring), per concentrarsi sul figlio dimenticato, abbandonato e reietto in cerca di riscatto di quell’Apollo che ha accompagnato Rocky in ben 4 film. Detto così sembra poca cosa, ma l’idea è geniale, in un sol colpo reinventa l’intera saga, lasciando comunque un piede ben piantato nella tradizione, portandosi dietro cioè, tutto quel bagaglio di ricordi, emozioni e memorabilia, che farà sospirare di nostalgia tutti gli appassionati convenuti in sala. Stallone torna a vestire per l’ennesima volta i panni di Rocky, che ormai interpreta con una naturalezza imbarazzante, i gesti, le espressioni e le parole, sono frutto non solo di consumato mestiere, ma di quella consueta abitudine con cui si indossa una comoda, vecchia e logora vestaglia di flanella. A sorprendere, ed è la vera buona notizia, è Adonis Creed (Michael B. Jordan), novello pugile ribelle, fatto di storia, carne, sangue, sudore e muscoli, elementi decisivi per definire un personaggio, qui fondamentali per sostituirsi a Stallone nel cuore di un’intera generazione. Creed alla fine è questo, un ponte che collega i fan di una saga, nata forse per caso, nel lontano 1975, con una nuova generazione di giovani combattenti, pronti a prendere a pugni la vita. Se ci pensate, non in modo molto diverso dal criticatissimo Il risveglio della forze, anche se inspiegabilmente Creed è stato accolto in maniera assai più bonaria, quasi festosa, premiando addirittura con un Golden Globe l’interpretazione di un imbambolato Stallone. Il resto, tutto il resto, è il solito guazzabuglio di luoghi comuni, un ammasso di paccottiglia da bancarella dell’usato, buona per attirare i curiosi, mentre ciò che davvero resta è la muscolare regia di Ryan Coogler, determinata a seguire i combattimenti in maniera ravvicinata, quasi intima, usando parecchia macchina a mano e non lesinando con i piani sequenza, veri lunghissimi gioielli visivi di un film, che altrimenti, in mano a qualcun altro, sarebbe forse risultato anonimo e dozzinale, pedissequa riproposizione senza fantasia di un canovaccio trito e ritrito. Incontro dopo incontro, pugno dopo pugno, scalino dopo scalino.
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