Ponendosi di fronte ad un film come Creed, non credo sia possibile prescindere dalla saga di Rocky, come è ovvio che sia. Ponendosi di fronte ad un film come Creed però, siamo comunque costretti a vederlo come un capitolo a se e non come "un sequel" oppure "l'ennesimo sequel". In fondo questo "spin-off" non ha pretesa alcuna di continuare la storia del mitico Stallone Italiano cominciata tanto tempo fa, nel 1976, ma di cominciarne una nuova ad essa (col)legata. Non più con Sylvester Stallone alla regia, ma con Ryan Coogler, giovane cineasta alla sua seconda prova dietro la macchina da presa, uno di quelli che arriva dal mondo del cinema indipendente e che debutta in quello "che conta" con sulle spalle il peso di una delle saghe più amate di sempre. Il nuovo che avanza e, piano piano, prova a divenire la costante. Tutte le cose nuove, però, necessitano di un passato alle spalle, di un punto da cui poter partire per poter cambiare. E Creed - Nato per combattere parte da Rocky per poter diventare altro.
Il giovane Adonis Creed, figlio illegittimo del mitico Apollo Creed, vuole seguire le orme paterne e farsi strada nel mondo della boxe senza affidarsi all'ingombrante nome di suo padre. Per questo chiederà l'aiuto di un vecchio, stanco e solo Rocky Balboa.
Non è facile parlare di un film del genere. Non è facile evitare i condizionamenti. Chi è cresciuto con la saga di Rocky farà fatica a evitare paragoni o a non lasciarsi trasportare dalle correnti emozionali, perché è proprio di emozione che stiamo parlando, qui. Di certo Creed non è un'operazione amarcord, nonostante le citazioni, i riferimenti e, appunto, la presenza di Stallone. Presenza ingombrante, perché l'ultrasessantenne attore americano ruba la scena a tutti. La rappresentazione del tempo che passa e che fa male, che ferisce, che azzoppa, che mette in ginocchio. Il simbolo di una vita che non fa sconti a nessuno, che tu sia un giovane nel pieno delle forze, un bambino non ancora nato, un vecchio spremuto/stremato. Ed è bellissimo il contrasto tra vecchio e nuovo, tra declino e promessa, tutto racchiuso in quella cornice di vita che è Philadelphia, la città che non fa sconti e che proprio per questo sforna i pugili migliori, arrabbiati e delusi, che riversano nella boxe la loro voglia di rivalsa. Il confronto tra Rocky il poveraccio, che l'unica cosa che possedeva era il sentimento e il desiderio, l'amore. e il giovane Adonis che potrebbe avere tutto il mondo ai suoi piedi ma che desidera guadagnarselo, conquistarlo, quasi fosse un giovane guerriero di altri tempi. Quegli stessi tempi che sono cambiati, con le galline che non sono più quelle di una volta e la musica elettronica o il cloud, le impennate delle moto e i club in cui è facile finire a fare a botte. Rocky non faceva mai a botte fuori dal ring, anche quando era solo un ragazzo di strada, Non c'erano le stesse luci e non c'erano le stesse ragazze, non c'era internet, non c'era un cazzo se non persone vere e metodi antichi come il mondo per dimostrare di valere qualcosa, di non essere solo spazzatura.
Per tutti questi motivi, Creed ha l'ossatura di un classico ma segna un cambiamento. Creed è un film con la propria personalità che sembra voglia raccontarci proprio questa trasformazione, che poi è la trasformazione che ha subito/sta subendo il cinema. Creed non ha voglia di negare il passato ma non lo scimmiotta, sembra proprio volerci dire: ecco cosa è successo, ecco quello che era (da cui è impossibile prescindere) e quello che vorrei che fosse. Perché ciò che non cambia, muore inesorabilmente, divenendo ricordo sbiadito. "Ci sono io adesso", dice Adonis a Balboa. "Il passato è passato, io sono il futuro, continua a vivere per me. Io sono qui". E a Rocky, che davvero non ce la fa più, che davvero è stanco perché ha combattuto tutta la vita e si è sempre rialzato, ti viene voglia di abbracciarlo e di dirgli "ha ragione, non è ancora finita finché qualcuno raccoglie la tua eredità" guardandolo in quegli occhi così espressivi e che sono sicuro gli varranno l'Oscar, per quanto importante possa essere un premio del genere. Rocky siamo noi, noi siamo Adonis Creed, al di la della nostra età anagrafica.
Al di là di quel che può significare un film come Creed, c'è comunque il valore tecnico di un lavoro magistrale, un piccolo gioiello. Basterebbe solo la scena del primo incontro per confermare quanto sto dicendo, basta osservare le dinamiche, la gestione dei personaggi e degli spazi, le scenografie, la fotografia e, ancora una volta, le scene d'azione, la cosa più importante (per me) in un film del genere: gli incontri di boxe. Che è vero, rimangono la parte meno interessante, ma quanto sono belli. Non so se Creed - Nato per combattere, sarà l'inizio di una nuova saga. Io spero di no, ma se continuassero a gestirla in questa maniera e la svincolassero da quella di Rocky, forse avrebbe qualcosa da dire alle nuove generazioni. Staremo a vedere.