Crescere è discendere

Da Dhiirananta
Siamo tutti abitutati a pensare che crescere significa salire, in quanto collochiamo in alto le cose di pregio e in basso le cose di poco conto.
Questo vale per tante cose, i piani di un palazzo (dai seminterrati, al piano terreno fino a salire all’attico), una pianta che cresce, l’ascesa sociale (la “carriera”) e così via.
E questo modo di pensare viene applicato anche quando si parla di crescita o progresso spirituale, il cui simbolo è la scala ascendente, come quella della visione di Giacobbe (anche se, ricordo, gli angeli salgono e scendono)
In realtà, afferma lo psicologo James Hillman, crescere non è ascendere, crescere è discendere.
Solo in questo modo recuperiamo il senso della vita e possiamo dare un senso alle cose che ci accadono (mai per caso).
Questo vale per il santo Buddha, che ha lasciato il suo palazzo dorato perché la sua anima era richiamata dai vecchi, poveri e i malati e, discendendo, ha trovato un senso alla vita.
Questo vale per il neonato, la cui nascita è una discesa nella materia, infatti è come se si tuffasse: esce prima la testa (l’alto) e poi per ultimi i piedi (il basso). E il compito del bambino è abituarsi a vivere in questo mondo, una volta che l’ultimo legame diretto col Cielo (la fontanella nel cranio) si è sigillata.
E così vale anche per lo Zodiaco, che inizia con l’Ariete, la testa, e termina con i Pesci, ovvero il Maiale nell’oroscopo cinese, che simbolicamente corrispondono i piedi.
E così racconta la Qabbaláh, la mistica ebraica, dove Albero della Vita, rappresentato dalle dieci Sephirot, è un albero capovolto, le cui radici sono in cielo (Keter, la corona) e i rami col fogliame cresce verso il basso (Malkut, il regno).

Robert Fludd,
Theosophie, Philosophie,
Judentum, Kabbala, 1621

Racconta lo Zohar, uno dei principali testi della mistica ebraica:
Al tempo in cui il Santo, sia benedetto il suo nome, era in procinto di creare il mondo, decise di foggiare tutte le anime da assegnare, a tempo debito, ai figli degli uomini, e ciascuna anima era formata secondo i contorni esatti del corpo che era destinata abitare.. Ecco ora và, scendi nel tale luogo, entra nel tale corpo.
Ma il più delle volte l’anima obiettava: Signore del mondo, a me piace restare qui in questo regno, e non ho alcun desiderio di andarmene in un altro, dove sarà schiava e verrò contaminata.
Al che il Santo, sia benedetto il suo nome, rispondeva : Il tuo destino è, ed è sempre stato fin dal giorno in cui tu fosti formata, quello di andare in quel mondo.
Allora l’anima, vedendo che non poteva disubbidire, suo malgrado scendeva in questo mondo.”
(Zohar, il Libro dello Splendore)

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