“Crime story – Lo stupro” (Albatros), opera prima “matura” di Alessandro Volpi, dopo la produzione letteraria per bambini e l’assegnazione nel 2007 del Premio Rotary Club di Torino al racconto favolistico Simon, il cavalluccio marino.
L’ars scribendi come psicoterapia e psicoanalisi, come maieutica e salus animarum.Mai tale verità è stata così conclamata come in questo lavoro di Volpi.Lo stupro: scarnificazione dell’”Io”, dell’intimità più profonda di un essere umano, della propria anima e del proprio corpo.Lo stupro: senso di colpa, angoscia, “io non volevo, non ho fatto nulla perché accadesse”, strepitus fori del processo, inversione dei ruoli fra carnefice e vittima.Voglia di giustizia, sonnolenza dello Stato, voglia di vendetta.Quale è il confine fra “giustizia” e “vendetta”?Il libro si nutre di fatti di cronaca e a tratti invoca nella mente del lettore “Processo per stupro” trasmesso dalla Rai nel 1979.Lo stile fluido costellato di gergo malavitoso e strutturato prevalentemente in dialoghi serrati, accompagna reminiscenze autobiografiche dell’Autore che è dietro a più personaggi della narrazione: è il padre di Carol ed è Nando e anche Carlo il “Gangi”, il fascinoso balordo della vecchia mala lombarda.Si respira un’aria gangsteriana, stile Romanzo Criminale, ove le gesta banditesche sono edulcorate e velatamente eroiche, fra "Bene" e "Male", fra antichi riti propiziatori e azioni delittuose, fra Dio e Famiglia e azioni sanguinarie, fra dottor Jekyll e il signor Hyde e, fatalmente, il lettore sta dalla parte della “banda”, perché nell'altro versante c’è uno stupratore, immondo fra gli immondi.Quale è il confine fra “giustizia” e “vendetta”?Fabrizio Giulimondi