Credo di avere una grave malattia: si chiama “passione maniacale per i libri”.
E’ più forte di me: se entro in una libreria, devo comprare qualcosa. Devo. Che sia un tascabile mignon o un tomo da 2 kg, un best seller in offerta speciale o un prezioso libro di nicchia: la cosa essenziale è che scatti la scintilla appena lo vedo. In quell’istante so già che è mio. Succede sempre così.
E non crediate che l’avvento del Kindle e dei libri elettronici mi abbia tolto la passione per la carta, nossignori: sarà che nella carta stampata ci lavoro, sarà che quello da tutti classificato come “odore di inchiostro” per me è profumo, sarà quel che sarà, niente e nessuno mi priverà del piacere di entrare in una libreria, perdermi per ore tra gli scaffali e scovare, tra i tanti, il “mio” libro.
L’ultima volta è successo un paio di mesi fa: un pomeriggio di febbraio, se non sbaglio a ricordare, location Verona. Chi conosce la città scaligera avrà ben presente, come l’avevo io, la splendida libreria Ghelfi e Barbato di via Mazzini, un gioiello inestimabile per gli amanti del libro; potete immaginare il mio sconcerto quando, arrivata di fronte a quella che ricordavo come una tra le più belle e fornite librerie di mia conoscenza, ho visto esclusivamente vetrine vuote.
Serrande abbassate, libreria chiusa.
Momento infinito di lutto.
Con la testa piena di domande (e anche di qualche maledizione), inconsapevolmente ho imboccato la laterale via Della Scala. Forse per evitare tutta quella gente che, incurante della mia delusione, passeggiava spintonandomi allegramente.
Lì, proprio a pochi passi dalla ex-libreria Ghelfi e Barbato, la folgorazione: una libreria nuova di pacca. Vetrine alte, luminosissima. E tanti, tanti libri. Quasi uno scherzo del destino: il passato che chiude, il nuovo che avanza; delusione e nostalgia miste a gioia e curiosità.
… Beh, qui in realtà il destino non so cosa c’entrasse, visto che la libreria Grosso (questo il nome del nuovo negozio di libri) è stata aperta dallo stesso titolare della Ghelfi e Barbato, a pochi mesi dalla chiusura di quest’ultima, per un felicissimo caso.
E allora via, letteralmente spalanco la pesante porta a vetri e mi immergo in questo splendore.
Mi chiedo che libro prendere… boh? Forse l’ultimo di Danilo Sacco, visto che ne ho parlato proprio poche settimane fa qui sul blog?… Peccato che la commessa non sappia chi è Danilo Sacco. Vabè, posso anche capire: con Beppe Carletti e il suo “Io Vagabondo” che tappezza gli scaffali, non è che puoi immaginare l’esistenza di un altro nomade (anzi, ex-nomade) scrittore.
… Scribacchina, ed ora? Che si fa? Che si prende?… Classico o moderno? Storia o narrativa? Romanzo o biografia?…
Il caso mi viene in aiuto sotto forma di titolo folgorante: Crimini in laguna.
… Un momento: cos’è ‘sta roba?… sarà mica il giallo di uno sconosciutissimo scrittore veneto?… magari ambientato a Venezia?… magari tanto “dentro” la città da riuscire a comunicare con le sole parole il profumo delle calli, i colori dei tramonti in laguna, la magìa di una città senza tempo?… Prima ancora di scorrere le note di copertina, so già che non uscirò senza questo libro. Anche se gialli e noir non sono propriamente il mio genere, questo va detto; ma va anche detto che non sono tipo da tirarsi indietro di fronte al nuovo.
Una volta a casa, Crimini in laguna è rimasto ad aspettarmi in religioso silenzio per un paio di mesi, pregando perché finissi rapidamente il suo predecessore. Ora, dopo aver letto tre dei cinque racconti che compongono il volume, posso dire di averlo promosso (quasi) a pieni voti: Curcione è in gamba, riesce ad imbastire delle belle storie ed è in grado di dipingere in maniera fedele e appassionata la splendida Venezia, aggiungendoci un sublime tocco di mistero.
La promozione “quasi” a pieni voti è dovuta ad alcune imprecisioni nel testo – veramente poche per la verità, ma se ripenso a tutte le bozze che ho corretto nella mia vita mi chiedo come abbia fatto a sfuggire il pantalone in velluto nero a pagina 41 che diventa, a pagina 49, pantalone di tela scuro; oppure la fanciulla Stefania (prima riga a pagina 20) che viene ribattezzata (settima riga, stessa pagina) Sara.
Ancora: “quasi” promosso per l’esagerata presenza di aggettivi – de gustibus, io ne avrei tolto qualcuno.
Infine, la terribile virgola tra soggetto e predicato, cosa che mi sta parecchio a cuore vista e considerata la sua diffusione a macchia d’olio su quotidiani e periodici vari. Terribile perché si tratta di un errore grammaticale bello e buono, e se non siamo noi scribacchini a dare il buon esempio rifiutandoci di seguire lo sbagliatissimo, modaiolo vezzo di inserire quella maledetta virgola tra soggetto e predicato, chi lo farà? Andremo avanti a sentirci dire frasi agghiaccianti del tipo: “Io, leggo La Padania” oppure “Noi, siamo razzisti” (pardonnez-moi, ho voluto calcare la mano per questi esempi)?
Eccheccaspita.
Ad ogni modo. Se vi dovesse capitare tra le mani Crimini in laguna, non pensateci su due volte e prendetelo. E’ un po’ come i libri di Vitali: pura evasione, con un tocco di mistero e – in più – l’ammaliante profumo salmastro delle calli di Venezia.