Misantropo a senso unico è uno dei miei dischi preferiti. È parte integrante di me, quanto un Reign In Blood o un Covenant. Ma per ragioni ben diverse, che tentai di spiegare in modo accettabilmente succinto in italianoChitarra. Criminally Insane e Sworn To The Black non esprimono chissà quale visione del mondo, almeno non tramite le liriche. I Cripple Bastards invece parlano della vita, quella reale, che – come scrissi da qualche parte ai tempi di Variante alla morte – non farà sempre schifo ma quando fa schifo è come te la raccontano i Cripple Bastards. Perché, se quei testi non riuscite a capirli, non significa che siete più ottimisti o meno sfigati di me. Significa solo che un certo tipo di sensibilità non l’avete. Buon per voi. Misantropo a senso unico è un grido di dolore che – per quanto appartenesse a un Giulio più giovane, che non aveva ancora perso del tutto l’innocenza rispetto al nichilismo cinico (e dunque più adulto) trasudato da Variante - gli anni hanno reso solo più fragoroso e lancinante. L’album è stato appena rimasterizzato dalla FOAD, l’etichetta gestita dal cantante (la stessa che aveva pubblicato la raccolta di cover Frammenti di vita), e il gruppo sta promuovendo la ristampa con alcune date in giro per la penisola e una scaletta incentrata per metà su quello che resta il loro disco più amato. Impossibile mancare, dunque.
I Bastardi partono con la title-track di Misantropo e mi butto sotto il palco, mezzo invasato. Se Der Kommissar si muove troppo, mi dà la chitarra in faccia. Per me è ok. Urlo le parole del testo come se dovessi attirare l’attenzione di una squadra di soccorso. L’unico che mi segue in prima fila è il Negro, che poco dopo si farà sfasciare gli occhiali nella bolgia, per poi mostrarli a Giulio con un sorriso trionfante, come se fossero un trofeo di guerra. La prima parte della scaletta è basata su quell’album, tra inni da stadio (quello di Belgrado durante una rissa tra il primo e il secondo tempo del derby) da intonare nel caldo abbraccio collettivo dell’odio (Morte da tossico, Il tuo amico morto) e roba che dal vivo non si sentiva da parecchio (Peso inutile, Quasi donna… Femminista). Io ero arrivato quasi a sperare che lo suonassero tutto di fila, Flashback di un massacro compresi. La psicotica presenza scenica di Giulio – che, se ci parli al banchetto (dove Charles rischia di comprare il nuovo dei Rotting Christ per la seconda volta: l’Alzheimer inizia a diventare un fenomeno preoccupante tra gli autori di questo blog), è la persona più gentile e pacata del mondo – mantiene una potenza espressiva raggelante. Quando si china, quasi raggomitolandosi sul microfono, sembra volersi chiudere a testuggine per attutire l’impatto di quegli orrori quotidiani e concreti che si abbattono su tutti noi ogni giorno. Quando si rialza e incrocia i pugni in alto ci dice che neanche questa volta lo hanno schiacciato. Vaffanculo, non ci avranno. Mai. La seconda parte del concerto pesca soprattutto da Variante. La violenza diventa più lucida e controllata. Stupro e addio è una delle più acclamate. Non mi fanno Sangue Chiama, che è la mia favorita, pazienza. Più trascurato Desperately Insensitive, rappresentato dalle sole I Hate Her e Get Out And Bite Them, che chiude le danze insieme a qualche classicone più datato, tra cui le immancabili Italia di merda e Prospettive limitate, sulle quali il pogo si fa ancora più brutale e catartico. Usciamo dal Traffic rinfrancati e la strada, là fuori, è sempre a senso unico.