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Crisi e made in Italy: riduzione dei consumi e vendita marchi italiani

Creato il 29 ottobre 2013 da Paopasc @questdecisione
Crisi e made in Italy: riduzione dei consumi e vendita marchi italianiIn generale le previsioni degli istituti economici, Ministero dell'Economia, Banca Centrale, Fondo Monetario, sono spesso sbagliate. Prodotto interno lordo, debito pubblico, occupazione, quando non siano l'analisi dello stato di fatto, sono voci dal destino incerto che subiscono un adattamento costante mano a mano che ci si avvicina al periodo previsto, un po' come accade alla previsioni meteorologiche. La stessa sorte, secondo me,  dovrebbe riguardare i sondaggi, da quelli politici a quelli di costume, con la probabile eccezione degli exit polls, le rilevazioni prese all'uscita dal seggio elettorale. Non dovrebbe sfuggire alla revisione critica anche questo sondaggio raccolto da Coldiretti,  associazione sempre molto attenta al territorio in tutti i sensi inteso, dal terreno di coltura a quello che accoglie le popolazioni, nel senso di fare la tara alla parte che riguarda le percezioni future degli intervistati, mentre  meno contestabili sono i dati analitici, divisi tra francamente neri e più rosei. Questo perchè l'insieme dato dalla situazione contingente, unito alle nere prospettive future, può  generare più paura di quella che il singolo intervistato dovrebbe, ragionevolmente, provare. In sostanza, queste condizioni influenzano le aspettative delle persone, che sono naturalmente portate ad un atteggiamento difensivo  in condizioni incertezza.  Questa doverosa premessa per introdurre un ennesimo sondaggio pessimista sul futuro da parte degli italiani, oltre una impietosa rassegna di ciò che si aspettano  e di quello che sono costretti a fare per sopravvivere. Ecco in sintesi alcuni aspetti salienti:
  • il 70% degli intervistati teme di perdere il proprio lavoro
  • il 16% è costretto a rubare per sopravvivere e il 37% deve ancora far conto sui genitori
  • contrariamente a quello che si potrebbe pensare la cancelliera Merkel è gradita dal 68%
  • il 68% degli italiani taglia spese in vestiario e il 50% quelle in viaggi e tecnologie
  • ecco un elenco della riduzione dei consumi degli italiani, valore ad ottobre 2013 e variazione percentuale rispetto ad ottobre 2012 (indicati, in percentuale, il numero degli intervistati che ha ridotto i consumi e il valore, in aumento (+) o in diminuzione (-) rispetto al 2012)
                              Ottobre 2013 in %             differenza con ottobre 2012 in %

Abbigliamento:68                          +13

Viaggi o vacanze:53                          +2

Tempo libero:49                          +1

Beni tecnologici:52                          +10

Ristrutturazioni della casa42                          +2

Arredamento:37                           -1

Auto/moto40                           +2

Attività culturali:35                           -2

 Attività sportive e cura corpo29                            =

 Generi alimentari:14                           -3

Spese per i figli:6                           -3


Interessata alla questione a causa del suo impegno associativo, Coldiretti raccoglie anche la convinzione, da parte del 54% degli intervistati, che il settore dell'alimentazione possa essere il vero motore della ripresa, seguito dalla moda con un 18%. Al di là del dato aneddotico di quanto gli intervistati siano in grado di prevedere da quali settori produttivi possa venire la ripresa, previsione che sfugge sovente anche ad affermati economisti, restano  alcuni dati, questa volta non scoraggianti, sul settore agro-alimentare italiano. Anche questi ve li offro in sintesi, quasi a compensare la nera visione del futuro degli italiani, fidando che siano precisi:
  • 254 prodotti tipici a denominazione di origine riconosciuti (Dop/Igp), cosa che ci rende leader in Europa
  • sempre a livello europeo, la maggiore biodiversità di flora e fauna, 57.468 specie animali e 12 mila specie di piante
  • valore aggiunto per ettaro di terreno ovvero la ricchezza netta prodotta per unità di superficie dall’agricoltura italiana è praticamente il doppio di quella di Francia e Spagna, il triplo di quella inglese e una volta e mezzo quello tedesco
  • primo esportatore mondiale in quantità di vino, pasta, kiwi, pesche, mele e pere
  • minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento), risultati peraltro inferiori di cinque volte a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità)

Insieme a questi tanti aspetti positivi ce n'è uno che è possibile vedere più in chiave negativa, e cioè le acquisizioni di marchi italiani da parte di aziende straniere. In moneta sonante, ammonta circa a 10 miliardi di euro il valore delle aziende italiane passate di proprietà. Ecco un elenco preparato da Coldiretti, del quale non si sa se andare fieri o provare vergogna:
MARCHI DEL MADE IN ITALY CHE NON C’E’ PIU’ 2013
• PERNIGOTTI - la societa Averna, ha siglato un accordo per cedere l'intero capitale dell'azienda piemontese detentrice dello storico marchio dei dolci al  gruppo Toksoz  che ha sede a Istanbul
• CHIANTI CLASSICO (per la prima volta un imprenditore cinese ha acquistato una azienda agricola del Gallo nero)
• RISO SCOTTI (il 25% è stato acquisito dalla società alla multinazionale spagnola Ebro Foods)
2012
• PELATI AR - ANTONINO RUSSO (nasce una nuova società denominata "Princes Industrie Alimentari SrL", controllata al 51 per cento dalla Princes controllata dalla giapponese Mitsubishi)
• STAR (passata al 75% nelle mani spagnole del Gruppo Agroalimen di Barcellona (Gallina Blanca)
• ESKIGEL (produce gelati in vaschetta per la grande distribuzione - Panorama, Pam, Carrefour, Auchan, Conad, Coop) (ceduta agli inglesi con azioni in pegno d un pool di banche).
2011
• PARMALAT  (acquisita dalla francese Lactalis)
• GANCIA  (acquisita al 70% dall’oligarca russo Rustam Tariko)
• FIORUCCI –SALUMI (acquisita dalla spagnola Campofrio Food Holding S.L.)
• ERIDANIA ITALIA SPA (la società dello zucchero ha ceduto il 49% al gruppo francese Cristalalco Sas)
2010
• BOSCHETTI ALIMENTARE (cessione alla francese Financière Lubersac che detiene il 95%)
• FERRARI GIOVANNI INDUSTRIA CASEARIA SPA  (ceduto il 27% alla francese Bongrain Europe Sas)
2009
• DELVERDE INDUSTRIE ALIMENTARI SPA (la società della pasta è divenuta di proprietà della spagnola Molinos Delplata Sl che fa parte del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata)
2008
• BERTOLLI (venduta a Unilever, poi acquisita dal gruppo spagnolo SOS)
• RIGAMONTI SALUMICIO SPA (divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società olandese Hitaholb International)
• ORZO BIMBO (acquisita da Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis)
• ITALPIZZA  (ceduta all’inglese  Bakkavor acquisitions limited)
2006
• GALBANI (acquisita dalla francese Lactalis)
• CARAPELLI (acquisita dal gruppo spagnolo SOS)
• SASSO (acquisita dal gruppo spagnolo SOS)
• FATTORIE SCALDASOLE (venduta a Heinz, poi acquisita dalla francese Andros)
2003
• PERONI  (acquisita dall’azienda sudafricana SABMiller)
• INVERNIZZI (acquisita dalla francese Lactalis, dopo che nel 1985 era passata alla Kraft)
1998
• LOCATELLI (venduta a Nestlè, poi acquisita dalla francese Lactalis)
• SAN PELLEGRINO (acquisita dalla svizzera Nestlè)
1995
• STOCK (venduta alla tedesca Eckes A.G., poi acquisita dagli americani della Oaktree Capital Management)
1993
• ANTICA GELATERIA DEL CORSO (acquisita dalla svizzera Nestlè)
1988
• BUITONI  (acquisita dalla svizzera Nestlè)
• PERUGINA (acquisita dalla svizzera Nestlè)
Fonte: Elaborazioni Coldiretti
Resta, in definitiva, una constatazione: perdura la crisi economica, che inasprisce la vita di molti italiani direttamente coinvolti e modifica la percezione del futuro di molti altri non direttamente coinvolti, modificandone le abitudini e facendo contrarre i consumi. In tutto questo, il ruolo di dispensatore di fiducia della politica è praticamente assente: i vari leader politici sono credibili solo per una minoranza di fanatici, ma anche in quel caso solo perchè in contrapposizione con l'avversario politico.


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