crisi e suicidi

Creato il 13 maggio 2012 da Gaia

Vi ricordate di quando pareva che gli zingari ogni giorno ne combinassero una, tipo cercare di rapire un bambino*? Oppure quando ogni settimana una donna veniva stuprata da un rumeno? Oppure quando sembrava che all’improvviso tutti i genitori si fossero messi a lasciare i figli in macchina da soli nei parcheggi? Ecco, a me pare che di tanto in tanto spuntino mode giornalistiche che fanno apparire in aumento un fenomeno che non lo è, o che addirittura non esiste – con conseguenze potenzialmente devastanti per la rabbia che rischiano di scatenare.

Mi pare che anche quello dell’ondata di suicidi per motivi economici possa essere un simile caso. Per conto mio, io ho fatto delle ricerche sul tema del suicidio**, che cerco di vedere sia nella sua dimensione di tragedia, nella nostra cultura la chiave di lettura predominante, che in quella di scelta personale da capire o addirittura rispettare e, oltre a impegnarmi per questo motivo a sospendere il giudizio morale sui suicidi, so che i fattori culturali, religiosi e personali sono determinanti nello spiegare perché la gente si tolga la vita, più di altri quali il benessere economico.

In effetti, i dati dicono che i suicidi per motivi economici in Italia non sono in aumento. Aumenta piuttosto l’attenzione dei media a questi casi. Entrambi gli articoli che ho linkato, e che consiglio, sostengono che la motivazione economica pare anche essere la meno importante tra quelle che spingono al suicidio, oppure avere un’importanza solo apparente. È difficile fare statistiche, in un tema del genere soprattutto, ma se si porta il paese a questo punto di rabbia e isteria bisognerebbe avere delle basi molto solide – non aneddotiche.

* Per inciso, nessuno ‘zingaro’ nella storia italiana ha mai rapito un bambino. D’altronde, non ho mai capito perché dovrebbero. A parte che è un atto rischioso e immorale, sarò cinica ma se c’è una cosa che mi pare non mancare nelle comunità rom e sinti sono i bambini.

** Questo è davvero un ottimo testo, lo consiglio. Profondo, preciso, non deprimente ma illuminante sulla varietà dell’esperienza umana che è affascinante persino nei suoi risvolti più tragici, anzi che forse proprio in questi può dare il meglio di sè.


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