CRISI EAV E COSTI STANDARD: LA MAZZATA FINALE PER IL TRASPORTO PUBBLICO IN CAMPANIA
Costo standard, cosa è questo sconosciuto? Il costo standard nei servizi pubblici e, quindi, anche nel Trasporto Pubblico Locale, dovrebbe essere (dico dovrebbe) un sistema tecnico-contabile indispensabile per individuare i parametri necessari alla definizione dei corrispettivi per gli obblighi di servizio pubblico a carico delle amministrazioni locali. In definitiva, attraverso la determinazione del costo standard si dovrebbe stabilire l’importo dei contratti di servizio o la base d’asta per le gare.
Finora, invece, i criteri per l’erogazione dei corrispettivi continuano ad essere basati sul comodo, ma inadeguato, sistema del “costo storico”, a cui, per la verità, le ultime manovre finanziarie nazionali e regionali hanno dato consistenti sforbiciate. Sforbiciate sì, ma senza andare ad indagare nella pancia della spesa, dove si annidano numerosissime nicchie di spreco e malversazione.
Nell’ultimo decennio, si sono susseguiti studi da parte dei principali dipartimenti universitari o delle associazioni di categoria delle imprese del settore (ASSTRA ed ANAV). È stato, perfino, istituito per legge, nel 2007, il classico Osservatorio Nazionale sulle Politiche del Trasporto Pubblico Locale, pomposissimo nome dietro cui si nasconde il nulla, visto che si è ufficialmente insediato solo cinque anni dopo, cioè nel 2012.
Così, le Regioni, per tenere in piedi la baracca traballantissima delle aziende di TPL, fanno orecchie da mercante, anche in palese disapplicazione del Regolamento Comunitario n. 1370 del 2007 che prevede che ciascuno Stato membro, nella erogazione dei corrispettivi per gli obblighi di servizio pubblico, non possano determinare condizioni di sovracompensazione per le aziende erogatrici del servizio, soprattutto nel caso in cui i servizi stessi siano affidati secondo il meccanismo dell'in-house, senza quindi un confronto con il mercato, come accade per quasi tutte le aziende, EAV compresa.
La polemica di questi giorni fra Assessore e top management EAV nasce proprio da questo squilibrio economico fra costi reali affrontati dalle aziende e le somme assegnate dal Contratto di Servizio (circa 5 milioni mese).
Ma, il costo standard nasce proprio per incentivare l’efficienza da parte aziende e, anche, per stimolare comportamenti di ottimizzazione delle risorse pubbliche da parte delle Regioni, secondo principi di efficacia e di equità tra i territori. Il principio del mantenimento della spesa storica, che ancora oggi caratterizza le erogazioni pubbliche, tende invece a disincentivare i comportamenti virtuosi che, in una fase di riduzione delle risorse pubbliche disponibili, che si riducono per tutti indistintamente. La quota del 10%, stabilita alla legislazione vigente, per premiare i comportamenti efficienti di razionalizzazione, è un’aliquota ancora troppo marginale per marcare la necessaria discontinuità con un passato fatto di sovvenzioni a piè di lista (la favolosa epoca della “vacche obese”).
Con il meccanismo dei costi standard dovrebbe assumere rilevanza centrale, invece, la funzione industriale di produzione, costituita dal costo del lavoro diretto, dal costo delle materie prime, dai costi esterni diretti, dai costi generali (commerciali, amministrativi, informatici), dal costo del capitale.
Ma qui ci sono le note dolenti. In Campania, molte aziende di trasporto (EAV compresa) sono diventate dei “formidabili centri di spesa” con cui sostenere l’economia del territorio, e c’è da supporre che abbiano generato anche un perverso meccanismo di sprechi che, forse, è ancora tutt’ora in vita.
Il sistema del TPL campano, poi, ha anche un’ulteriore falla. Per passare dalla determinazione del costo standard alla fissazione dei valori della compensazione per gli obblighi di servizio pubblico vanno tenuti in conto i proventi derivanti dalle tariffe ed i proventi derivanti dalla eventuale gestione di servizi complementari. Le aziende di TPL della Campania, da sempre afflitte da una evasione/elusione endemica, avevano trovato nel sistema tariffario unificato, rappresentato dal Consorzio UNICOCAMPANIA, un utile escamotage promozionale e tariffario per scardinare la pessima (ma consolidata) pretesa dei cittadini campani di considerare la mobilità pubblica come un servizio a cui accedere gratuitamente.
In Campania, la realtà, però, ci presenta aziende completamente “disinteressate” alla parte attiva dei loro bilanci derivanti dagli introiti da tariffe. Tante volte abbiamo assistito ad annunci (solo annunci) di azioni di contrasto all’evasione che si sono poi sgonfiate miseramente dopo appena qualche giorno.
Nel frattempo, l’Assessore al ramo favoleggia di mirabolanti sistemi avveniristici di bigliettazione elettronica e di supersquadre di controllori che dovrebbero snidare i “portoghesi” come se fossero degli implacabili Rambo, alla caccia di sporchi vietcong, nella giungla vietnamita.
La verità sotto gli occhi di tutti, invece, ci mostra tornelli di ingresso (dove ci sono) che vengono lasciati inspiegabilmente “spalancati”, risultando solo di inutile ingombro alla normale mobilità dei (pochi) viaggiatori paganti.
L’evasione, oramai, non è più un fenomeno riservato solo alle classi meno abbienti e ai tanti derelitti extracomunitari o rom. Oggi, invece, assistiamo al proliferare di tanti “signori in giacca e cravatta” o “signore con borsa firmata” che, complice il lassismo imperante, pensano bene di destinare i soldi del biglietto ad altri acquisti.
Quello che manca, quindi, è la reale volontà di una seria ristrutturazione industriale delle aziende operative per ottimizzare i loro costi ma anche per incrementare le entrate da traffico. La “lobby della bigliettazione”, fatta di industrie pubbliche che producono tornelli e sistemi di bigliettazione e tornelli, viene invece sostenuta non solo che dal management e dalla politica.
Anche i sindacati spingono in quella direzione, con l’obiettivo di preservare una quota occupazionale assegnata al sistema di bigliettazione e di controlleria.
Salvo, però, non realizzare mai una seria e convincente politica di repressione del fenomeno.
Ciro Pastore