Fra le aziende italiane più preoccupate dalle cattive notizie politiche c'è Eni, che è ad oggi uno dei più importanti clienti di Gazprom. Naturalmente per gli USA Mosca non è un fornitore fondamentale, anche considerato le nuove riserve scoperte grazie alla tecnica del fracking, ma per il Vecchio Continente è tutt'altra questione.
Il 27% del fabbisogno Ue viene infatti soddisfatto dal gas russo, con punte particolarmente elevate per Germania, Italia e Austria. Chiare anche le parole di Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni: «Se ci ritroviamo senza gas russo nel mezzo di un inverno rigido, per noi sono problemi, mentre la Russia non ha problemi a ricevere i nostri soldi il giorno dopo». Eni pensa anche alle licenze di esplorazione per lo shale gas nell'Ucraina orientale e gli accordi con lo stesso governo di Kiev per l'esplorazione e lo sviluppo di giacimenti nel Mar Nero, a due passi dalla Crimea. È evidente che un inasprimento delle sanzioni metterebbe ancora più in crisi la già traballante industria italiana: un motivo in più per sperare in una rapida e pacifica soluzione delle tensioni internazionali.
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