Crisi politica

Creato il 03 novembre 2011 da Elvio Ciccardini @articolando

Lungi dall’apprezzare l’uomo Silvio Berlusconi, tanto meno il politico. Ma il giullare di corte si!

Ed è proprio di un giullare che abbiamo bisogno per non cadere nel baratro di un paradosso che non è risolvibile.

Dall’Europa chiedono di risanare i bilanci. Dalla strada si chiede lavoro e reddito equo, per vivere e non sopravvivere. In generale, si afferma ovunque che, per uscire dalla crisi, è necessaria la crescita…

Qualcuno saprebbe spiegare come si riesce a crescere con livelli alti di disoccupazione, salari bassi e politiche che tagliano la spesa pubblica? E’ un pò come pretendere che la moglie sia ubriaca e la botte piena.

Fino a prova contraria la formula del Prodotto interno lordo è la seguente:

PIL = C + I + G + X

Dove:
C = Spesa per consumi privati (Famiglie)
I = Spesa per Investimenti privati in beni durevoli (macchinari, impianti e immobili per le imprese, nuovi immobili o automobili per i privati)
G = Spesa della Pubblica amministrazione per i beni in uso presso la Pubblica amministrazione
X = Saldo Commerciale (Esportazioni nette = esportazioni meno importazioni).

I mercati finanziari, che poco hanno a che fare con l’economia reale, non tengono conto che da questa addizione difficilmente si può prescindere. A meno che non si decida di soppiantare l’intero sistema di misurazione delle varibiali macroeconomiche del capitalismo con altre formule che, però, ad oggi, non sono state comunicate al mondo intero.

Il consumo privato non è in crescita e difficilmente potrà aumentare significativamente con le attuali politiche del mercato del lavoro. Il potere di acquisto delle famiglie scende e, purtroppo, le nuove generazioni non entrano nel mercato del lavoro, o, quando vi riescono, si trovano in situazioni di volontariato forzato. Nessun diritto, pochi contributi, precarietà. In sintesi, senza una seria riforma delle politiche del lavoro, la domanda interna non ci salverà dalla crisi. Dall’altro lato, però, se aumentassero contributi e stipendi, il costo del lavoro sarebbe ancor meno competitivo rispetto al mercato globale. I cinesi costano meno, lavorano molte più ore e non hanno nessun sistema sociale a proteggerli. Se il lavoro costa troppo alle imprese, queste ultime delocalizzano. Come hanno già fatto. E’ un vicolo cieco.

Tuttavia, si potrebbe rendere i lavoratori italiani ultra-istruiti e formati. Così che siano più produttivi di quelli cinesi. Ma anche questo è un vicolo cieco. In Italia prima si taglia sulla pubblica istruzione, poi sul resto. I percorsi formativi non sono formanti e le imprese non dialogano con le Università. Inoltre, i cinesi sanno come formare la loro classe dirigente: selezionandola fin dalla prima infanzia.

Passiamo agli investimenti privati. Se un paese non ha vantaggi localizzativi che giustificano l’intrapresa di un’attività economica, difficilmente vedrà aumentare significativamente il numero di imprese. Ancor più difficilmente riuscirà ad attrarre capitali dall’estero. In Italia, la manodopera costa più che nell’est europeo e molto di più di qualsiasi altro paese in via di sviluppo. La pubblica amministrazione è più inefficiente che nel resto d’Europa. Il mercato è di 67.000.000 (più o meno) milioni di persone. Molti meno che altrove. La criminalità opera almeno con tre differenti organizzazioni: ndrangheta, camorra e mafia. La politica è clientelare e instabile. Perchè investire in Italia? Se le aziende italiane delocalizzano, come si può pretendere che altri vi investano? Gli investimenti privati non ci porteranno ad una crescita miracolosa.

Approdiamo alla spesa pubblica. Va tagliata, quindi non è su questa variabile che si può sperare…

Non rimane che il saldo della bilancia commerciale. Se le aziende rimaste riescono ad attuare efficaci strategie d’internalizzazione, qualche opportunità c’è. Non avremmo il miracolo italiano del terzo millennio, ma qualche briciola percentuale di pil possiamo ottenerla. Tuttavia, la delocalizzazione non favorisce necessariamente un saldo positivo. Un conto è produrre in paese e vendere all’estero. Un conto è produrre altrove. Importare il semilavorato (in realtà quasi prodotto finito – poichè nel settore moda spesso si staccano etichette “made in china” e le si sostituiscono con quelle “made in italy”). Rivendere il tutto nuovamente altrove.

Se la finanza è il carnefice economico, sociale e politico nazionale, l’economia reale è la vittima sacrificale. La politica è complice nullafacente. Fa il palo. E non è un caso che nessuno sappia realmente dove mettere le mani, se non su chiome sintetiche. A destra propongono “nullità”. A sinistra grosse ammucchiate dove lacrime e sangue prevalgono al godimento orgiastico. I giovani ci provano. I rottamanti borbottano. Non si fanno da parte. Resistono.

Silvio Berlusconi, fuori da ogni credibile scenario, è l’unico capace di vendere l’acqua in pieno oceano, salvo dimenticarsi di informare che non è desalinizzata. E’ assurdo, ma è l’uomo giusto. Meglio un perditempo, incapace di attuare politiche scellerate imposte da oltre confine, che non tanti altri incompetenti che, agendo, rischiano di cadere nel baratro.

Le indicazioni della Banca Centrale, le richieste di Francia e Germania (che hanno colonizzato l’intera Unione Europea) non permettono nessuna ripresa economica. Esse si muovono in una direzione diametralmente opposta alla produzione di una crescita significativa e sensibile nei paesi a rischio default. Eppure queste riforme vengono presentate come “inevitabili” e “necessarie”. Ma per chi? Non per i cittadini degli Stati in questione.

La Nuova Europa, così come il nuovo sistema economico che si andrà a costruire, almeno in Europa, è posto a un bivio: seguire l’invo-evoluzione del capitalismo finanziario anglo-americano, oppure imitare il capitalismo marxista di Cina e Russia.

Eppure una terza via è plausibile e fior fior di economisti, quelli che si leggono sui libri di storia del pensiero economico, l’hanno analizzata, ipotizzata, studiata ed indagata.

Fin quando questa conoscenza non verrà recuperata e portata e comunicata alla classe politica nazionale, meglio un giullare di uno pseudostatista.

Che Berlusconi resista, alla faccia dei filistei! Con la speranza che un nuovo Mosè, nel mese di Nisan, venga a liberare gli Italiani, ridotti schiavi al pari degli Israeliti.


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