Sarà forse per via del ruolo assunto dal suo successore e rivale François Hollande nella mediazione tra Usa, Ue e Russia, fatto sta che l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy ha voluto dire la sua sulla crisi in Ucraina, giunta in queste ore al fatidico bivio guerra o pace. Intervenendo ieri al Consiglio Nazionale dell’UMP, di cui è presidente dallo scorso ottobre, Sarkozy ha usato toni da vero gollista, puntando molto sull’orgoglio francese e sull’autonomia decisionale che Parigi e l’Europa devono avere rispetto a Washington. «Europa e Russia fanno parte di una cultura comune: gli interessi degli americani verso i russi non sono gli stessi degli europei» ha dichiarato “Sarkò”, aggiungendo che la Francia non vuole un revival della Guerra Fredda. L’ex inquilino dell’Eliseo si è soffermato poi sulle questioni della Crimea e del Donbass, analizzandole con un sano realismo politico, lo stesso che è mancato in molti leader europei negli ultimi dodici mesi: «Non si può condannare la Crimea per la secessione dall’Ucraina e la scelta di stare con la Russia. (…) Dovremmo anzi trovare un modo per costituire una forza di pace da inviare a difesa dei russofoni in Ucraina».
Dunque, Sarkozy sembra riconoscere implicitamente che all’origine della crisi tra Russia e Occidente c’è in sostanza la politica anti-russofona di Kiev: del resto, basta ricordare che un anno fa, appena preso il potere, il neopremier Yatsenyuk annunciò una profonda revisione dei poteri amministrativi concessi alle autonomie russofone del sud-est ucraino, mentre il presidente ad interim Turchinov revocò, come prima misura, lo status di lingua ufficiale al russo.
E proprio sulle aspirazioni europeiste di Kiev, l’ex presidente francese riprende la posizione espressa già da altri leader europei in passato: «Il destino dell’Ucraina non è entrare nell’Ue, piuttosto quello di mantenere il suo ruolo di ponte tra Europa e Russia».