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Cristo si e’ fermato in via Quirra. Lettera da Piazza Granatieri di Sardegna.

Da Subarralliccu @subarralliccu

Cristo si e’ fermato in via Quirra. Lettera da Piazza Granatieri di Sardegna.

Egregio Sancio Governatore d’Isole,

scrivi di aver girandolato nelle sere estive in quel dedalo di muriccioli e automobili arroventate. Ho visto dei bimbi, ieri, quando sono andato a curiosare in piazza Granatieri di Sardegna. Uno scugnizzetto trotterellava senza meta, con indosso la maglia dell’Inter. Un altro, impolpato da troppi panini, sedeva all’ombra di un palmizio. Scrutava lo spazio con occhi fermi, pazienti. Pareva un vecchio in pensione. Loro, i nonnini, tutti dentro casa, o nelle panchine di via Pertusola. Ottobre ha gia’ sciolto le sue nuvolacce guappe nel cielo estivo.

 Ci sono andato, in Piazza Granatieri, perche’ ho letto che gli abitanti stanno vociando  per la condizione delle abitazioni comunali. La settimana scorsa, come ricorderai, la popolazione di via La Somme e via Podgora ha sbarrato le strade coi cassonetti in segno di protesta per lo stato d’abbandono in cui versano i tuguracci loro. E la notizia e la pozza di bile si sono diffuse. E martedi’, come hai letto, il giovane sindaco Zedda ha detto, nella presentazione delle sue linee guida, che il Comune avra’ grande attenzione per le zone di S. Elia, S. Michele e S. Teresa. Che la precedente amministrazione se n’era fottuta perche’ il medico brizzolato, il Floris, metteva strisce blu a tutto spiano per arraffare ai parcheggianti tranne che davanti alle cliniche degli amici suoi che i voti poi li devi restituire, piano piano, come dicono loro. Insomma anche Is Mirrionis s’e’ incazzata. Eh, Sancio, l’informazione gira veloce di sti tempi. Meglio che se ne rendano conto, sti mammelucchi sprofondati nelle poltrone. Ora si parla gia’ di una manifestazione congiunta dei quartieri. Ma questa e’ n’altra faccenda. Comunque volevo vedere che roba era, e allora ho inforcato il taccuinello e Ronzinante, la macchina fotografica sgarrupata. Ci sono anadato a piedi, che la piazza sta a dieci minuti da casa mia. Me lo sono infilato a passo di danza, questo quartiere mio. Il tragitto per andare a scuola, in via Meilogu, quando ero un marmocchio e nel cortile si organizzavano le risse che la tensione arriva dalle case ed i marmocchi la devono pure scaricare, in qualche maniera. S’impara Sancio. S’impara tanto a conoscere l’asfalto e le sue gemmazioni. Comunque ci sono arrivato al numero 10, quello che secondo il giornale era piu’ nguaiato degl’altri.

 E trovo una scoriandolata di calcinacci recintata dalle transenne dei pompieri, arrivati a risolvere il problema, un mese fa’. M’attacco al citofono. Mi risponde mica nessuno. Allora salto le barriere ed inizio a sfotografare: i piloni di sostegno fra un balcone e l’altro, le ferite nel cemento armato, il marciapiede cosparso di frantumi, le veneziane sdentate dei piani superiori. Solo che lo sfregolare dei passi miei richiama l’attenzione e dal balcone del primo piano sbuca un capoccione ossuto di uno di quei canidi da laboratorio che inizia a sbavare e ringhiare ncazzato nero che il territorio suo si tocca mica io mi caco sotto che con un balzo mi si aggancia ai coglioni e la voce bianca mica la voglio allora acciuffo i borselli e torno ai citofoni. Meglio il silenzio.

 Finalmente: “Si?!”

 “Ehm…signora, si, sono un giornalista. Sono venuto per l’affare dei balconi…”

“Va bene, si si, mio marito sta scendendo”.

“ Abito qui da 49 anni- racconta Franco Porcu, 57 anni.

“Queste case son passate sotto tante mani: URRA casa, Ina, Gescal, Ente Autonomo. Poi il Comune, nel 2010, credo. Nessuno ha mai fatto un accidente. Solo l’Ente, l’anno scorso, ha per la prima volta messo le luci a norma negli sgabuzzini. Tutto qui.

 “Per qualche ragione poi, l’anno scorso, il Comune ha deciso di ristrutturare alcuni fra gli edifici della piazza. Ma i numeri 10, 4,5,6,7,8 e 9 sono stati ignorati”.

 Franco mi porta in giro per il palazzo numero 10. Le tarme del tempo ed il silenzio degli enti hanno fatto proprio un lavoro coi fiocchi. I cornicioni sbucciati mi hanno riportato alle favelas di Mendoza, in Argentina, Sancio. Ma li’ il 2001 lo avevano avuto, se mi capisci…

 “Guarda Luca, vieni con me. Ti mostro una cosa. Vedi quella lastra la’?!”

 “Si”.

 “Riesci a leggere qualcosa?!”

 “No”.

 Ci avviciniamo: “Piazza Granatieri di Sardegna”, l’inchiostro delle incisioni fottuto dal mezzo secolo. Ignoti, il milite e la piazza.

 “La gente non sa come arrivarci, da noi. In molte cartine non ci siamo neppure. Vieni con me”.

 Ci spostiamo verso uno degli accessi.

 “Lo abbiamo dovuto mettere noi, il cartello. Guarda”.

 Sopra il palo dello stop trovo un cartoncino bianco, ed una scritta rotonda, di ragazza:

 “Piazza Granatieri di Sardegna!!!”

 Cristo si e’ fermato in via Quirra, Sancio.

 “Vieni Luca, ti faccio fare un giro dentro le case.

 “Io la mia l’ho comprata. Pensa che ho dovuto far fare la perimetrazione ad un geometra. Questi appartamenti al catasto non esistono. I lavori dentro li ho fatti fare io”.

 E’ una bella casetta quella del sig. Porcu. Colori vivaci e l’assembramento di monili e memorabilia, cosparso come un popolo di ragni sulle pareti.

 “D’inverno i buchi nella terrazza lasciano filtrare l’acqua fin qui giu’, al secondo piano. Devo attivare il condizionatore e puntarlo dritto su quell’angolo la’, dove l’umidita’ si concentra. Un ciclo continuo per evitare l’inondazione. Ma vieni, ora andiamo a trovar signora Marisa”.

 Si spalanca la porta della famiglia Zedda. Signora Marisa e’ un mucchietto d’ossa organizzato dietro gli occhiali spessi. Madre di otto figli. Uno per anno dopo il primo, 58 anni fa’. Ha un po’ di rossetto sulle labbra fini. Che il mondo mica va a trovarla tanto spesso, azzardo. Mi conducono verso la camera da letto. Negli angoli si sollevano nere vampate di muffa, un castagno d’ombra che si sfronda quando lo spigolo raggiunge il soffitto. D’inverno, dice Marisa, non si puo’ neppure entrare. La stanza e’ una ghiacciaia.

Cosi’ per Franco, la cui camera da letto sta immediatamente sotto. Le famiglie organizzano la loro vita termica, utilizzando le stanze secondo le stagioni e le necessita’. “Posso congerlarci la carne, qui, a Gennaio”, sridacchia Marisa, ma d’estate fa fresco. E aggiunge:

 “Sono venuti, Chessa e Floris, un po’ di tempo fa’. Un residence ci dovevano fare, ha detto, il sindaco. Un giardino in fiore con una statua del granatiere in mezzo ed una placca : i gloriosi granatieri di Sardegna. Una presa per il culo, scusi l’espressione”.

Guardo attraverso la bocca aperta delle veneziane. Affatto un Eden, Sancio.

Siamo sulla terrazza, adesso, io e Franco, il mio Virgilio smilzo dai begl’occhi blu.

 “ Qui non entra piu’ nessuno. Qualche anno fa il pavimento ha ceduto, lasciando il soggiorno dell’appartamento sottostante a cielo aperto. Niente piu’ tintarelle estive. Guarda il soffito, quello e’ il tappeto di gomma che avrebbe dovuto proteggere il palazzo dalla pioggia”.

 Uno zerbino gommato giace sotto il sole come una razza stecchita, messo li’ come un nero lenzuolo dopo una notte di passione fra sorci.

 “Guarda  questo spigolo, pronto a cadere. Ah, e l’ascensore…si ci hanno fatto l’ascensore diversi anni fa’. Per una signora che non poteva muoversi. Si fermava solo al quinto e secondo piano, per gli interni 6 e 9. Morta la signora morto l’ascensore. Non voglio pensare a quanto sia costato. Ma vieni, andiamo dagli Incosu”.

 “Mancano almeno 7 centimetri di cemento armato”, dice Roberto, muratore. 


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