Critica alla Critica: Avatar (2010)

Creato il 31 agosto 2011 da Soloparolesparse

Per un colossal ci va una Critica alla critica colossal, e allora Evit si lascia andare parlando di Avatar di James Cameron

Trama di Cinematografo.it

Jake Sully, ex-marine ferito e paralizzato dalla vita in giù durante un combattimento, per partecipare a un programma chiamato ‘Avatar’, grazie al quale avrà nuovamente un corpo sano (ma non umano, particolare non da poco), arriva sul pianeta Pandora, abitato dalla razza umanoide dei Na’vi. Tuttavia, a sua insaputa Jake sarà reclutato per invadere (sembra che lo deve invadere lui da solo, inoltre non lo invadevano affatto, volevano solo le zone con il minerale) il pianeta e ben presto si troverà costretto a scegliere se combattere per gli invasori o unirsi alle forze indigene. (un riassunto inusualmente sintetico per Cinematografo.it)

Critica

“Il tema non è nuovo (anche se le idee cui quegli alieni si ispirano sembrano aggiornate dalle tendenze New Age) (di New Age non ci ho trovato assolutamente niente) e così la polemica contro i conquistatori d’ogni epoca pronti a cancellare le civiltà che li hanno preceduti (polemica? Il critico qui vorrebbe invece una esaltazione dei conquistatori-distruggitori?), ma se il film piacerà (e già si sa che piace) il merito è quasi soltanto di quei mondi persi nello spazio in cui l’azione si muove (si e PER NIENTE ALTRO! Il merito è solo quello). Non solo quei curiosissimi alieni che, pur con una lingua propria, parlano anche inglese (li aveva educati la dottoressa, ma questi non seguono manco la trama quando guardano un film da criticare?), ma una serie variopinta di animali feroci e fantasiosi che si agitano in scenari colorati resi anche più vistosi dagli effetti di profondità che la 3D vi suscita in mezzo. (La prossima frase sarà una serie di incidentali che manco un bambino delle elementari, con virgole usate a sproposito) I ritmi, spesso incalzanti, possono suggestionare, le immagini, in cifre d’incubo, possono conquistare (almeno la vista). Questo voleva Cameron e questo ottiene. Il resto, almeno a me, interessa poco (come sempre queste critiche sono sempre personalissime), ma non mi sostituisco al pubblico (mmh).”
(Gian Luigi Rondi, ‘Il Tempo’, 10 gennaio 2010)

“Un successo che suona l’allarme per i columnist intergalattici, i «moderatori» dell’immaginario, scesi numerosi sulle colonne dei giornali per imbrigliare le pulsioni violente del pubblico di massa, e pronti a denunciare l’estremismo infantile di ‘Avatar’. Per ristabilire l’ordine (ir)reale costituito e riconfermare il loro status di sentinelle della cultura, ricorrono a concetti come stereotipo, favola, manicheo, che detto per il cinema, con disprezzo, fa ridere. Decodificata da almeno un secolo di visioni, la narrazione simbolica ha i suoi linguaggi ed eroi, i suoi rimandi alla memoria collettiva. Le armi spuntate dei centristi non avranno la meglio, ma se è giusto «spaventarsi» davanti ad ‘Avatar’, è meglio recuperare la capacità di «vedere». Anche con i molesti occhialetti in 3D.”
(Marluccia Ciotta, ‘Il Manifesto’, 15 gennaio 2010)
(Ma parlava di Avatar??)

“La trama di ‘Avatar’? Niente di particolarmente originale, con quel po’ di panteismo (si putroppo non finisce con una conversione di massa al cattolicesimo come speravano quelli dell’Avvenire) che fa tanto new age alla moda (e non sono poche le critiche in questo senso, piovute sulla pellicola dalla stampa americana). (…) Non è comunque, per fortuna, il succo della storia o il suo fine a contare in un film come ‘Avatar’(…). E la maestra tecnica, a dir poco superba, di Cameron, che per questo film ha speso quattro anni di lavoro (cioè lo apprezzi solo per l’aspetto tecnico?). Mai abbiamo assistito, in un film di fantascienza, a scene così insolite, così suggestive (si può dire di tanti altri film di fantascienza del passato, un’affermazione vera oggi e domani superflua). Non c’è un momento di pausa in un lungometraggio anche troppo lungo. (…) Non tutto nell’opera di Cameron è adatto agli spettatori più giovani (ah no? Ah gia, quel dannato panteismo che distrae dalla Vera fede potrebbe essere pericoloso per le giovani menti); piacerà invece agli adolescenti e a molti adulti, che seguiranno senza mai distrarsi i notevoli effetti speciali inventati dal regista e valorizzati dal 3D.” (della serie “ma a nessuno interesserà realmente la trama”. Gli anziani poi lo schiferanno)
(Francesco Bolzoni, ‘Avvenire’, 10 gennaio 2010)

“Tanta stupefacente tecnologia da incantare, ma poche emozioni vere (un critico di ghiaccio), emozioni umane per intendersi (allora anche in Wall-E non c’erano emozioni vere!), in un mondo di alieni pur eccezionalmente immaginato e rappresentato. Tuttavia l’attesissimo film di James Cameron ‘Avatar’ (…) non deluderà le aspettative degli appassionati del filone fantascientifico. Infatti con ‘Avatar’, la pellicola più costosa della storia (oltre 400 milioni di dollari, lancio compreso), la magia del cinema si rinnova in tutta la sua forza immaginifica. Del resto la rilevanza del film sta nell’impatto visivo più che nella storia (a me la storia è piaciuta quanto l’impatto visivo, ma qualcuno ha detto che era identica a Pocahontas allora nessun critico puÏŒ mostrare pubblicamente di averla apprezzata), piuttosto scontata, e nei messaggi peraltro non nuovi, già al centro, talvolta con ben altro spessore, di diverse pellicole alle quali il regista si richiama più o meno apertamente, da ‘Piccolo grande uomo’ a ‘Balla coi lupi’, da ‘Un uomo chiamato cavallo’ a ‘Pocahontas’ (ispirarsi al passato è MALE! E se la vedessimo così TUTTO E’ LA COPIA DI TUTTO!). L’innovativo 3D, unito alla rivoluzionaria tecnica ‘performance capturing’ che coglie anche le espressioni degli attori per trasporle in animazione digitale, porta l’esperienza visiva a livelli mai visti. A cominciare dalla qualità dell’ambiente in cui si svolge l’azione, con una tridimensionalità che non punta a ‘bucare’ lo schermo, ma a rendere la scena avvolgente, con una profondità che avvicina molto alla realtà e una maggiore nitidezza di dettagli. D’altra parte Cameron ha tenuto questo progetto nel cassetto per 10 anni – la prima idea è del 1995, la realizzazione è iniziata nel 2005 – proprio perché allora non c’erano i mezzi tecnici per rendere sullo schermo quanto da lui immaginato. E siccome è uno sperimentatore, il regista non si è limitato a usare tecniche di computer grafica già conosciute, ma ne ha inventate altre. E il risultato è affascinante. (…) Cameron punta, dunque, su un racconto di portata universale, facilmente condivisibile nella sua semplicità ed efficacia, che narra un evento più volte ripetutosi nella storia dell’umanità: le violenze e i soprusi, non di rado sfociati in genocidio, compiuti da civiltà considerate più avanzate per soppiantare o sottomettere, per smania di potere e ancor più per interesse, le culture indigene. Un tema che negli Usa si riflette nel mito della frontiera e nella guerra dei bianchi contro le popolazioni dei nativi, ma che può essere fatto risalire ad altre colonizzazioni e adattabile anche a più recenti guerre. Ma Cameron, più concentrato sulla creazione del fantastico mondo di Pandora, sceglie un approccio blando (era blando? Mah…); racconta senza approfondire (se l’avesse fatto sarebbe stato pedante tanto quanto questo critico) e finisce per cadere nel sentimentalismo (la caduta dalla ruota!). Il tutto si riduce a una parabola antimperialista e antimilitarista facile facile, appena abbozzata, che non ha lo stesso mordente di pellicole più impegnate su questo fronte (è pur sempre un film di fantascienza, non un film politico). Analogamente il sotteso ecologismo si impantana in uno spiritualismo legato al culto della natura che ammicca non poco a una delle tante mode del tempo (giusto, strano che i Na’vi avessero RICERCATO Dio disperatamente; periranno nel Limbo). La stessa identificazione dei distruttori con gli invasori e degli ambientalisti con gli indigeni appare poi una semplificazione che sminuisce la portata del problema (quale problema??). Ciò detto, resta l’indubbio valore del film per il suo eccezionale impatto visivo. Se serviva una nuova frontiera per il cinema di fantascienza, ‘Avatar’ l’ha segnata, spostandola molto in avanti. E il record di incassi – che peraltro appartiene a un altro lavoro di Cameron, ‘Titanic’ (1997) – potrebbe essere superato. Del resto lo spettacolo vale il prezzo del biglietto.”
(Gaetano Vallini , ‘L’Osservatore Romano’, 10 gennaio 2010) (L’Osservatore Romano, me lo dovevo immaginare)

“Che ‘Avatar’, il super-mega-maxi-kolossal di James Cameron quanto a trama fosse un po’ deboluccio si sapeva (si, quando leggi le critiche altrui prima di scrivere la tua), e della cosa si era malignato più che abbastanza. Ma che il plot (ormai l’italiano è optional, trama diventa plot!)del campione di incassi di quest’anno fosse la storia di ‘Pocahontas’ coi nomi e poco altro cambiato no, non l’aveva immaginato nessuno.” (questo manco s’è visto il film, è di quelli che legge le cagate che i 13enni scrivono sui forum. In particolare si è basato su quella famosa email con allegata la trama di Pocahontas con nomi sostituiti)
(Marco Gorra, ‘Libero’, 12 gennaio 2010)

“Ma ‘Avatar’ non è già più solo film. Porta infatti la firma di James Cameron, che lo considera a tuffi gli effetti una costola del suo film blockbuster, il videogioco ‘Avatar’, (…) I nonni illustri furono, nientemeno che i Fratelli Lumière, che misero a punto nei primi anni Venti del Novecento quell’immagine stereoscopica che oggi ritrova profondità di visione grazie agli occhiali polarizzati (e di Adamo ed Eva non ne parla?). Ciò che però fa di ‘Avatar’ una pietra miliare del cinema contemporaneo è anche un’idea della rappresentazione che stravolge abitudini consolidate, sul piano dell’immaginario, del colore, della costruzione d’ambienti e racconto. Da questo punto di vista si ricollega ad alcuni passi fondamentali della storia della settima arte.” (uh????)
(‘La Provincia’, 15 gennaio 2010)

“Piacerà a quelli che vanno al cinema come al parco delle meraviglie (haha ci sono altri invece che vanno al cinema come al campo santo). Gli occhi e le orecchie sono appagati per due ore e 40 minuti di fila, senza rilevanti interruzioni. James Cameron, mai rimasto indietro nel progresso tecnologico (come era evidente anche nel suo unico flop, ‘Abyss’ ) qui supera gagliardamente ogni suo exploit precedente. Tra effetti cromatici, battaglie, mostri antidiluviani (si sono mostri preistorici come quelli terrestri), ‘Avatar’ arriva alla frontiera di tutto quanto è stato tecnicamente possibile nell’anno di grazia 2009. Difficile, anzi impossibile, offrire spettacolarmente oggi qualcosa di meglio della favolosa pietanza messa in tavola dal redivivo James. Difficile, anzi impossibile, oggi. Ma non nel 2012 o nel 2013. La tecnica, non possiamo dimenticarlo, fa in questi anni passi da gigante (quando si dice: indicare l’ovvio). Il ‘non plus ultra’ odierno è destinato a diventare pressoché obsoleto nel giro di pochissimo tempo (quando si dice: ma va!?). Dieci anni fa, quando Ridley Scott introdusse il digitale nel kolossal (‘Il Gladiatore’) sembrò il balzo in avanti del secolo, e oggi quei livelli possono essere raggiunti anche da una produzione a medio budget (quando si dice: essere pedissequi). (…) Ma il difetto maggiore, quello che non pone Avatar all’avanguardia del cinema, ma semmai alla sua preistoria, è il conflitto individuale, il disegno dei personaggi. Cosa ha fatto diventare subito la settima arte un’arte popolare? L’emozione, il coinvolgimento coi personaggi. Cameron è riuscito sempre a coinvolgere: con la madre di ‘Terminator’ (madre forse in Terminator 2, al massimo FUTURA madre, mah), l’astronauta di ‘Aliens’ (si, Ripley era una cosmonauta della corsa allo spazio degli anni 50/60) , i naufraghi di ‘Titanic’ (i passeggeri semmai, il titanic affonda praticamente solo alla fine del film e la storia non si focalizza certo sui pochi sopravvissuti del naufragio). Qui però ha manovrato solo pupazzetti: innamorati grullamente disneyaini (forse si aspettavano una specie di giulietta e romeo alieni), stregoni di favola (stregoni? Dov’erano??)e un comandante dei marines, trucido e unidimensionale come lo incontri solo in un cattivo da fumetto.”(io pensavo che il cattivo caricaturale fosse intenzionale… ma i critici non hanno apprezzato)
(Giorgio Carbone, ‘Libero’, 15/01/2010)

“‘Avatar’ non è semplicemente un film, o kolossal che dir si voglia: è una cosmogonia (ma che dice?), una battaglia tra mondi. Tra vecchi e nuovi mondi, tra umani-invasori e alieni-indigeni, tra liberal e conservatori (tra comunisti e capitalisti, tra bianchi e neri…), tra ragione e sentimento. Una cosmogonia spazio-temporale (uno sfoggio di parole che nasconde solo ignoranza sia di scienza sia di italiano) ambientata in uno spazio extraterrestre (lo spazio è per definizione “extraterrestre”, fuori dalla terra) e in un futuro remoto ma con evidenti implicazioni storiche ed etiche con il passato recente e il presente che viviamo, soprattutto nell’emisfero nord-occidentale. Per questo, il film ha aperto il famigerato vaso di Pandora delle letture politiche. ‘Avatar’ è un meraviglioso tripudio di forme biologiche fantasiose (…). Si presenta ai nostri occhi poco avvezzi al 3D, come un incubo affascinante (allora un sogno!), troppo bello per non trovare poi banale e sciatto il mondo reale (mah io il mondo reale l’ho trovato più rassicurante dopo essere uscito dal cinema, visto i salti nel vuoto, gli strapiombi, i voli ad alta quota e la pericolosità di quel mondo colorato), la first life (questo critico dev’essere un patito di Second Life). Irrompe nel nostro immaginario collettivo di ieri, di oggi e di domani (e di dopodomani). (…) Film avventuroso e reazionario, intriso di valori patri (semmai patrii, l’italiano! l’italiano!!) e cavallereschi, amato dalla destra (dalla destra? E’ il film preferito di Berlusconi? Non ho capito questa affermazione), capolavoro visivo del genere fantasy, dove però, al cinema, poco era lasciato alla fantasia (hahah si era un porno molto spinto che non lasciava niente all’immaginazione), perché le immagini ‘computerizzate’ sono sature di particolari. Nella fantascienza di ‘Avatar’, invece, il meraviglioso è più stilizzato, meno inverosimile, perché possibile, futuribile.” (di cosa sta parlando qui??)
(Luca Mastrantonio, ‘Il Riformista’, 14/01/2010)


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