di Iannozzi Giuseppe
“Hai ancora quel Picasso?”
“Intendi quello appeso alla parete del cesso accanto allo specchio?”
“Sì, esattamente.”
“Perché non vai a vedere con i tuoi occhi?”
”Semplicemente, in questo momento, non sento né la necessità di pisciare né di cagare.”
“Peccato! Comunque l’ho sostituito con un lavoro di un certo Andy… Warhol credo…”
“E come mai?”
“Il Picasso ce l’hanno tutti, anche i proletari.”
”E questo Andy sarebbe più – come dire! – altolocato?”
“No. E’ stitico e diarroico a capriccio come Picasso.”
“E allora dove la convenienza?”
“Te l’ho già detto. Questo Andy i proletari non ce l’hanno ancora.”
”Capisco. Ma a forza di aprire la casa a cani e porci, non gli sarà troppo difficile contraffare anche questo Andy.”
“Purtroppo il rischio è il prezzo dell’Arte. Un po’ di caviale?”
”Perché no? Ma mi assicuri che è buono?”
“Buonissimo. L’ho pagato un occhio della testa. Non ti preoccupare: con me non rischi un’intossicazione alimentare.”
“Quand’è così… E tua moglie?”
“Oh! Lei sta bene. E’ di là, in salotto. Credo stia sfogliando dei cataloghi di alta moda insieme alle amiche per farsi consigliare il meglio.”
“Le donne, sempre così superficiali!”
“Dici così perché sei ancora scapolo. Ma il giorno che ti sposerai… scoprirai che ne sanno una più del diavolo.”
“Che intendi dire?”
“Prima ero un cafone. Non si direbbe, ma è proprio così. Non fosse stato per mia moglie…! E’ lei che mi ha insegnato il buongusto, il Picasso… Warhol…”