Crocco, tu quoque...

Creato il 13 febbraio 2012 da Omar
Ogni volta che qualcuno in Tv parla di «rinverdire i fasti del western all'italiana» e si riferisce agli anni dell'Unità nazionale come alla «nostra grande epopea western» verrebbe voglia di metter mano alla pistola. Dopo lo scempio di Cinzia Th Torrini, ieri sera la rete ammiraglia della Rai è tornata sul luogo del delitto per massacrare una delle figure cardine del brigantaggio meridionale: il controverso Carmine Crocco. E dire che gli ingredienti per un solido plot western, considerando la dibattuta storia del personaggio (sorta di robin-hood ottocentesco che per la Storia ufficiale fu un bandito sanguinario ma che le ballate popolari cantano come un coraggioso partigiano inviso agli invasori sabaudi), c'erano davvero tutti. Ma non c'è niente da fare: a fronte di un paio di cose oggettivamente valide (tra tutte l'interpretazione ferina e muscolare di un Daniele Liotti assai in parte e una fotografia di grande dignità opera di Fabio Olmi - figlio di cotanto padre) il canale principale della nostra televisione conferma la sua assurda vocazione "anziana", proponendo con Il generale dei briganti la consueta vicenda infiocchettata di dialoghi didascalici, inquadrature statiche, semplificazioni disgraziate e psicologie intagliate con l'accetta. Del complicato guazzabuglio di umori, fazioni, sentimenti contrastanti, violenze gratuite e nobili martirii del periodo neanche l'ombra, non sia mai che il pubblico dei pensionati sprofondati nella loro poltrona si faccia passare per la mente che quegli anni possano essere stati meno che una favoletta. E poi la messa in scena, talmente dilettantesca e stereotipata da risultare indigeribile per chiunque abbia in mente anche il più scrauso (ammesso che ne esistano) degli episodi di Hell on Wheels. Nella fiction di Paolo Poeti nulla del campionario della "Perfetta Tv Democristiana" ci viene risparmiato: musiche solenni a ogni piè sospinto, ralenti ogni volta che l'azione si fa concitata, faccette contrite quando il dramma si fa incombente. E poi i costumi, sempre così insopportabilmente "perbene" anche quando sono cenci indossati dai briganti, che comunque - per carità - vengono ritratti in fondo come bravi figli incattiviti giusto un poco dalla tirannia dei potenti. I quali, quest'ultimi, sono disegnati sempre come rapaci privi di scrupolo (un po' come si faceva coi nazisti nei film americani degli anni '50). Insomma, ennesima occasione mancata, e da queste parti lo si ammette con grande scorno, perché sarebbe bello una volta riuscire a ritrovare quella voglia di sperimentazione che fece grandi i nostri Leone, Tessari e compagnia sonante. Il titolare non si sente nemmeno di addossare tutte le colpe al regista, il quale sulla stampa ha rilasciato dichiarazioni talmente cariche di enfasi che sembrava davvero stessero per mandare in onda la versione ammodernata de Il buono, il brutto e il cattivo (allocco chi scrive a crederci), ma il problema resta sempre lo stesso, quello di una Rai completamente allo sbando, prigioniera di schemi e di formalismi insulsi, gretti e davvero fuori tempo massimo. Vabe', stasera la seconda parte. Si prenota una cena da Furio il Lurido, che è meglio!