L’invaso Poma sul fiume Jato
Sono un po’ refrattario alle cose astratte, specialmente quando diventano dottrine. Ma questa mattina mi sono imbattuto in qualcosa che mi ha fatto cambiare parere. E il parere è questo: che c’è uno spirito che le alimenta e dà loro un senso speciale, non concreto, ma, appunto, astratto.
Mi spiego meglio. Entro nel municipio di Trappeto (Palermo), il comune dove Danilo Dolci, sociologo triestino, fondò il ‘Borgo di Dio’, e trovo una situazione insolita per un luogo pubblico dove – come accade a molti comuni italiani – il grigiore e le porte chiuse sono d’obbligo. Al piano terra un folto gruppo di giovani fanno un laboratorio maieutico e al primo piano altri due gruppi discutono il primo di un argomento analogo e l’altro di acqua della diga sul fiume Jato. Ho la sensazione che qualcuno vigili su tutta questa scena e che l’amministrazione di Trappeto, presieduta da un sindaco molto attivo, con accanto un giovanissimo assessore alle attività produttive, stia interpretando un ruolo di promozione. Quale? Quello che ha al suo centro l’acqua per le campagne. Un tempo acqua di mafia. Poi – al tempo del Consorzio irriguo – risorsa democratica, e, quindi, ancora una volta, tornata ad essere un carrozzone al servizio di qualcuno che pensa di farne impunemente merce di scambio o qualcosa di peggio.
Nelle mani del Consorzio di bonifica Palermo 2, l’intero territorio del partinicese rischia di morire. Il Consorzio non ha risorse per la manutenzione ordinaria, e quel che è peggio, non ha provveduto alla elezione della componente produttiva prevista dalla legge, alterando l’identità storica di tutto il comprensorio. Un’identità fatta di innovazioni, di sperimentazioni sul campo. Fino ad arrivare alle più recenti proposte di introdurre alcune specie tropicali e subtropicali. Come ben sanno gli amministratori della fascia costiera, a cavallo tra l’economia della pesca e quella agricola del Golfo di Castellammare.
Il grande assente in questo dibattito che si è aperto e che costituisce un elemento non previsto dalla nuova giunta Lo Biundo, è proprio la campagna di Partinico dove non è esistita negli ultimi decenni una politica per le attività produttive nel settore agricolo e dove i proprietari di piccoli e medi appezzamenti di terra sono stati lasciati soli con le loro difficoltà, alle prese con la vandalizzazione del territorio, con l’assenteismo, se non proprio con la complicità delle amministrazioni locali.
Nel passaggio dalla gestione della Cooperativa Consorzio irriguo Jato, all’attuale modello impiegatizio e burocratico, il salto è enorme. Si va infatti da un sistema solidale delle risorse idriche, voluto già nel 1953 da Danilo Dolci, quando concepì, proprio a ‘Borgo di Dio’ di Trappeto, l’idea di una diga, a una gestione privatistica e padronale, con la estromissione di ogni forma di compartecipazione diretta dei produttori.
Ne è derivato che i costi dell’acqua durante la stagione irrigua sono aumentati notevolmente; il rapporto fiduciario che aveva fatto registrare la partecipazione di diverse migliaia di coltivatori alla vita della Cooperativa, si è profondamente lacerato, con la conseguenza che gli attuali iscritti al Consorzio di bonifica sono, forse, neanche un centinaio di produttori.
Dopo la fase cuffariana e lombardiana, stiamo vivendo adesso quella del governatore Crocetta, massimo responsabile della gestione delle acque in Sicilia. A lui, il Comitato per la difesa democratica dell’acqua dell’invaso Poma, costituitosi stamattina a Trappeto e rappresentato dal sindaco di questo comune, chiede di non vanificare sessant’anni di lotte sindacali, politiche e sociali condotte dai contadini e dagli operai della zona Partinico- Trappeto- San Giuseppe Jato- Balestrate. Alla testa di queste lotte abbiamo trovato oltre a Danilo Dolci, sindacalisti come Salvatore Termini, e intellettuali come Ernesto Treccani e Carlo Levi. E migliaia di altre persone che nel periodo che va dalla fine degli anni ’50 agli inizi del decennio successivo, hanno combattuto, sofferto e lavorato, scontrandosi spesso contro le mafie locali, per lo sviluppo e l’occupazione. Cioè persone che ci hanno consegnato un’Italia pulita fondata sugli ideali di una società giusta e solidale e non fatta da amici degli amici. Disperdere questo patrimonio sarebbe grave e imperdonabile.
Giuseppe Casarrubea
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