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Crollo Borsa in Cina: riflessioni tra investimenti, Banca Popolare Cinese e Federal Reserve

Creato il 20 agosto 2015 da Rodolfo Monacelli @CorrettaInforma

Giorni caldi per l’economia, che ci portano a riflettere sul crollo della Borsa in Cina e sull’influenza che questo eclatante episodio ha avuto nel settore degli investimenti. Parleremo anche di Federal Reserve e delle mosse che effettuerà la Banca Popolare Cinese.

Quando si vuole smettere di capire, si deve fare una sola cosa: overthinking, dicono gli americani. Super-pensare, oppure, secondo uno psicologo in voga qualche anno fa, farsi le cosiddette s… mentali. E così si passa dallo stato di potenziale consapevolezza al nulla del pensiero.

Ma, in fondo, non c’è niente da capire, come recita il testo di una bella canzone di Francesco de Gregori. Ci riferiamo alla Borsa.

Vale il principio classico e troppo spesso negletto, di uno scienziato geniale, Alexis Carrel: “Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità; poca osservazione e poco ragionamento conducono all’errore“.

Perfetto: attenersi a questi saggi criteri permetterebbe di leggere la Borsa assai meglio dei guru americani, europei e ovviamente cinesi per capire come giocare in borsa. Sì, anche i cinesi. Perché di mezzo qui c’è ancora una volta la Cina. Tigre di carta, oggi come oggi?

Riflessioni sul crollo della Borsa in Cina

Difficile a dirsi e meglio stare alla larga dalle categorie generali e assolute quando si parla di cose relative e umane, troppo umane. Qui c’è di mezzo il combinato disposto di alcuni fenomeni che vale la pena richiamare all’attenzione del lettore.

1. La Cina spaventa i mercati: perché?

Il listino di Shanghai ha chiuso al ribasso del 6,15%, quello Shenzhen del 6,58%: un bagno di sangue. Cosa è successo di così devastante da produrre conseguenze di questa portata?

Qualcosa che i mercati non si aspettano mai da chi fino a ieri ha dominato il capitalismo mondiale, comprando i debiti americani e in parte quelli europei, sostenendo anche il progetto putiniano: vale a dire, una massiccia iniezione di liquidità. E’ una mossa che destabilizza e crea rumors, viene letta come indice di falsa supremazia e di desiderio di costruzione di volani artificiali per le esportazioni della madrepatria.

Non si fa così, non sta bene, questo è quello che pensano i trader, che non fanno ragionamenti raffinati, ma si fidano o non si fidano e poi, investendo in massa, spostano prezzi e quote di mercato di qua oppure di là. Stavolta è toccato alla Cina.

2. Banca Popolare Cinese e svalutazione dello Yuan

La Banca Popolare Cinese, che ha solo il nome della vecchia Repubblica Popolare, ma è in mano agli azionisti di maggioranza che comandano il capitalismo interno e insieme il partito (altra grande anomalia, che sta costando quote di mercato alla Cina), ha svalutato lo Yuan, ma alla fine non è riuscita a far stare tranquilli i tori impazziti del mercato globale, che si riuniscono alle prime luci dell’alba, facendo la Borsa così come essa si presenta e si sviluppa fino alle 17 in Italia ed Europa, luoghi caldi che ancora contano, forse anche più di New York, oggi come oggi.

La Borsa di Milano ha più o meno retto, al pari di quella di Tokyo, segno che le debolezze sono regionali e che, come tali, possono essere, a livello globali, meno deboli di tante presunte forse disseminate per il mondo (da monitorare, ad esempio, la situazione dell’Aussie australiano): il capitalismo è l’imprevisto storico più variegato e complesso che esista sotto il cielo. E ciò proprio per quel che raccontava Shakespeare nel suo Hamlet: “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia“. E questo è, di solito, salvo alcune eccezioni, oggi non riscontrate, tuttavia. Quindi, la Cina è stata presa nel gorgo delle “filosofie” dei vari Orazio di turno e intanto la realtà se ne andava in giro da sola, a far danni. Tutto qua. Non c’è niente da capire.

3. I calcoli della Federal Reserve

Domani sarà il turno dell’ultima lettura dei verbali della Federal Reserve e naturalmente i soloni di turno stanno già affilando le armi per scaraventare sul mare in tempesta la solita cordata di sciocchezze a ritmi sostenuti.

Qui la Federal Reserve farà i conti di quanto le convenga affidare il pagamento dei suoi debiti ad una superliquida ma anche fragile Cina che non riesce a darsi un’identità di nazione capitalistica. Dopodiché, si ricorderà di Putin, della ancora più imbarazzante fragilità della zona euro e si affretterà a dichiarare qualcosa che somiglierà al solito non-detto, per dire solo una cosa: l’entropia di questi mercati è che nessuno li domina fino in fondo e il policentrismo farà tanto fino e democratico, ma non funziona con gli squali in cerca di nuove prede da azzannare. Per cui, anche i cinesi sono avvertiti: Pechino può anche morire di eccesso. Di liquidità.


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