24 dicembre. La vigilia di Natale. La notte più bella dell'anno, più di quella del 31 dicembre per me. Forse mi emoziona vagamente allo stesso modo la notte di San Lorenzo, con un cielo da guardare al buio in compagnia, insieme a canzoni e fette di cocomero.
Fino alla notte di Natale è tutto un crescendo di emozioni. L'apice della magia per me è in quella notte lì. Il giorno dopo è già un dolce relax dove tutto quello che doveva succedere è già successo.
Il pomeriggio l'ho passato in cucina, a fare i dolci. Ho fatto le rose del deserto, buonissime, e due pinguini, uno piccino da portare a casa di mia sorella, da magiare prima della messa, e l'altro, più grande, per il pranzo con i miei zietti e cugini preferiti, il giorno dopo. Mi piace sentire le mani appiccicate di pasta di zucchero e mi piace intingere un dito nella panna sentendo se è ben zuccherata. Di solito non lo è mai. Io un pochino di zucchero, così tanto per tradizione, lo aggiungo sempre.
La notte di Natale mi gira meno la testa anche quando entro in chiesa. Mi sembra tutto più semplice e raccolto, tutto più come dovrebbe essere sempre. C'è da dire che, escluse eventuali matrimoni e cerimonie, è anche l'unica volta dell'anno che metto piede in chiesa.
Quest'anno comunque mi è mancata l'aria più del solito. A dire la messa c'era un prete straniero, nero, la sua lingua era il francese, però parlava molto bene anche l'italiano. Il senso della sua predica è stato questo: era Natale l'anno scorso, è Natale quest'anno, sarà Natale l'anno prossimo, ma è questo il Natale più vero e se questo Natale è più vicino al significato originale lo dobbiamo alla crisi che ci ha fatto eliminare le cose inutili. Perciò dobbiamo ringraziare la sfavorevole congiuntura economica perché ci ha ricordato l'importanza dell'essenziale. Vabbè. Forse è per questo che non paghi le tasse italiane, così l'Italia ha un po' di soldi in meno, gli italiani sono un po' più poveri e sono più vicini al messaggio di dio. Mah.
Il prete francese mi ha fatto venire sonno. Avevo i piedi ghiacciati e la sciarpa fin sopra alle orecchie. Ogni tanto mi sfuggiva uno sbadiglio, devo ammetterlo, ma tanto la sciarpa mi copriva.
Io non credo di credere in dio, certo non credo nella chiesa, ma sento nell'aria tanta magia la notte di Natale. La notte di Natale, talmente sono incantata dai canti, dai bambini felici, dagli abbracci, dai sorrisi più frequenti, potrei quasi quasi crederci in questa storia. Per me quella di Gesù è una favola, con la sua morale giusta, una favola bella, da raccontare e da tenere come esempio di bontà e giustizia, di ugualianza, di bei principi che i successori di Pietro poi devono aver dimenticato completamente. Non voglio fare la polemica oggi.
C'era anche la mia ex migliore amica, il ramo secco che con fatica avevo tagliato, ma che con prepotenza ha buttato una nuova fogliolina. Forse nascerà un nuovo ramo o forse no, le amicizie importanti penso che meritino una seconda possibilità e noi due abbiamo deciso di volercela dare, anche se non avrà il sapore spensierato della nostra adolescenza, anche se la vita ci ha già diviso e riacciuffato. Anche di lei adesso mi fido di nuovo. Lei è buona ed io è di bontà d'animo che ho bisogno.
E dopo la messa a casa di mia sorella a scartare i regali, a mangiare il mio dolce, a brindare tutti insieme, con un pezzo nuovo di famiglia nella testa, nel cuore e anche nelle foto. Ho scattato una foto di profilo a mia sorella, si comincia a intravedere qualcosa. Per sottofondo le note delle canzoni di Natale, che solo a sentirle mettono addosso serenità. Una serenità che solo il Natale sa regalarmi così magicamente. Chissà come fa.