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Cronaca di un altro abbandono: “Apostille au Crépuscule” di Michel Onfray

Creato il 16 agosto 2011 da Sulromanzo

Cronaca di un altro abbandono: “Apostille au Crépuscule” di Michel OnfrayNella prima metà del 2010 la Francia è stata teatro di una (poco) appassionante e (molto) mediatica lotta a colpi di insulti e improperi all'interno del mondo letterario e psicoanalitico, che ha fatto impennare le vendite di " Crépuscule d'une idole. L'affabulation freudienne" uscito quest'anno anche in Italia per Ponte alle Grazie. Questo saggio ad opera di Michel Onfray denunciava la psicoanalisi freudiana come una truffa ai danni di pazienti babbei da parte di un drogato (Freud) che stabilì tutte le sue teorie su uno schema proprio, ossia il trauma o il desiderio sessuale, per la madre, il padre, il fratello o chicchessia.

Un'alzata di scudi da parte degli psicoanalisti, in particolare quelli che beneficiano di una larga piattaforma mediatica, hanno creato, più delle ospitate dell'autore nei vari programmi radiotelevisivi o le recensioni sulla stampa, l'interesse, a mio parere esagerato, verso questo volume. Onfray è stato tacciato di antisemitismo, razzismo, clericalismo, incompetenza, oscurantismo... e chi più ne ha più ne metta.

In molti si sono quindi scomodati per commentare questo Crépuscule, compreso il collega di Onfray, Bernard-Henri Lévy.
Forte di tutto ciò, Onfray ha creduto bene di scrivere una postilla per controbattere alle critiche e agli insulti: " Apostille au Crépuscule", appunto.

Nelle varie trasmissioni che lo hanno ospitato l'autore ha spiegato che la postilla bastava a sé stessa, che non era necessario leggere il Crepuscolo una volta avuto questa tra le mani (probabilmente il primo aveva già raggiunto il suo picco di vendite), e per capire di cosa si stesse parlando è appunto solo la postilla che mi sono procurata.

Posto che non sono particolarmente un'estimatrice di Freud ma più volta alla psicanalisi (*) junghiana, e quindi almeno in teoria favorevole ai suoi oppositori, mi sono approcciata all' Apostille in modo neutro e senza preconcetti. A questo punto, con il libro in mano, direi che non entrerò mai nel merito della discussione. Emulando infatti il mio collega Alessandro Puglisi che recentemente ammise di aver abbandonato la lettura di un libro a pagina trentasei, io ho abbandonato la lettura della postilla di Onfray non molto più avanti, giudicandola illeggibile senza essere presa da conati di vomito letterario. Michel Onfray è un filosofo, autore di una cinquantina di libri (secondo la quarta di copertina tradotti in 25 lingue, ma avrei i miei dubbi), ma di certo non è quello che si può definire un bravo scrittore, è anzi il tipico - a mio modesto parere - scrittore che si crede tale non essendolo, solo perché cerca di copiare uno stile datato, peraltro non riuscendovi, pomposo e pesante. Ma il peggio sta forse in altro. Oltre ad una penosa rabbia soggiacente mal nascosta dietro ad un "avrei potuto dire questo e quello in risposta alle critiche ma non l'ho detto perché sono superiore" che dimostra ben altro che superiorità, creano ansia nel lettore i numerosi punti esclamativi, le altrettanto numerose frasi o parole in corsivo a sottolinearne la presunta importanza, e le infinite parentesi dell'autore per spiegare sé stesso. Ha ragione o ha torto Onfray in quello che dice di Freud? Non ne ho idea. Persino in quelle scarse cento pagine che ho letto non mi sono fatta un'idea, troppo distratta che ero dalla penosa scrittura. L'unica cosa che capisco è che non capisco perché si sia fatto tanto rumore (per nulla) intorno a quest'opera minore mal scritta, e perché gli addetti ai lavori della psicoanalisi non abbiano passato sotto silenzio quello che sembra solo la rivalsa di un deluso della terapia.
Persino Bernard-Henry Lévy, che pur gli è amico, ha giudicato il Crépuscule "banal, réducteur, puéril, pédant [...]".

Per una volta sono d'accordo con BHL.

(*) I termini psicoanalisi e psicanalisi vengono usati in genere, in ambito psic(o)analitico, il primo per parlare di quella di Freud, il secondo per quella non freudiana.


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