Quello che un tempo era un popolo di piccoli risparmiatori, oggi si è trasformato in una nazione di indebitati. Su Il Fatto Quotidiano del 3 giugno, spiccava la notizia: L'esattore della crisi fa il recupero feroce, poiché anche per gli “agenti della tutela del credito” i tempi sono diventati duri. Se nessuno ha più soldi per pagare le bollette, i mutui, i prestiti e via dicendo, è chiaro che non avrà nemmeno le somme da restituire all'esattore, il quale vede diminuire anche la sua provvigione. In quest'ottica, tali agenti sono costretti ad adottare il pugno di ferro, e pure qualche subdola astuzia, per racimolare del denaro. Il tormento è da entrambe le parti, poiché come sostenuto nel 2011 da Enrico Verra in Vite da recupero (citato sempre su Il Fatto), «i confini tra gli antagonisti cominciano a farsi opachi. Le occhiaie di un recuperatore stressato non sono lontane da quelle dell'operaio che non dorme la notte nel terrore che gli portino via la casa».
«Siamo tutti vittime e carnefici, tanto, prima o poi, gli altri siamo noi», cantava Umberto Tozzi. In un mondo dove non esistono più buoni e cattivi, diventa lecito domandarsi: quali potrebbero essere le conseguenze economiche e sociali in un paese di “cattivi pagatori”, sottoposti a una moderna (e disperata) forma d'Inquisizione?
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