Riportiamo questo articolo pubblicato su www.corriere.it, a firma di Paolo di Stefano. Ad ognuno, si da modo di riflettere su quanto leggerà.
L’uomo invisibile travolto sulla A1
Una tragedia in carne e ossa
Un autista albanese ucciso da un Tir
SULL’AUTOSTRADA DEL SOLE
L’Uomo invisibile – essendo invisibile – è stato travolto e trascinato per ben 90 chilometri, perdendo pezzi ad ogni metro di strada, e lasciando sull’asfalto una scia di frammenti organici misti a brandelli dei vestiti che indossava. L’Uomo invisibile, infatti, non era l’entità inconsistente o evanescente raccontata da Wells, non era la pura assenza prodotta dagli effetti speciali cinematografici, ma era un uomo in carne e ossa con l’unica differenza, rispetto al resto del genere umano, di non essere visto da nessuno come a volte capita alla gente comune o meno che comune.
Così probabilmente ha vissuto. E così è morto e tale è rimasto dopo la morte. Fatto (fato) sta che il suo destino di invisibilità, come la striscia di materia che ha lasciato sulla strada, si è protratto persino in morte. Al punto che la notizia della sua fine atroce – che se fosse accaduta a un rappresentante del Mondo visibile avrebbe avuto lo spazio e l’eco che meritava – nei quotidiani è stata coerentemente ridotta al minimo, quattro-cinque righe, in colonnini non più che marginali. C’è un altro romanzo intitolato Invisible Man: fu scritto nel ‘53 da Ralph W. Ellison. Era un libro sul razzismo americano di quegli anni. Raccontava di un nero emarginato dalla società, privato della sua identità pubblica: non era invisibile in sé, semplicemente gli altri si rifiutavano di vederlo. Era un Uomo invisibile, ma in carne e ossa, esattamente come il trasportatore albanese travolto due volte sull’autostrada e dimenticato dai giornali.
23 dicembre 2010