Cronache similserie di un altro Sanremo qualunque

Creato il 18 febbraio 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

di Gavino Puggioni. Però!, non è vero, come si dice, che la curiosità è femmina!

Pochi minuti fa dicevo ad un’amica, ma non solo a lei, che non guardavo San Remo-festival da moltissimi anni e perché?

Perché non mi piace per niente, ma niente per niente e i motivi sono facilmente comprensibili.

Invece, sempre poco fa, quella curiosità mi ha spinto a vedere e a sentire il Fabio Fazio che parlava e non di musica ma di ben altro, mentre nel palcoscenico super tecnologico qualcosa non funzionava a dovere, normale amministrazione, c.v.d.

Stava parlando di bellezza, quella del nostro Paese, che noi stessi abbiamo creato, assieme alla natura e all’arte di cui eravamo maestri incontrastati e ancora lo saremmo se leggi scellerate non avessero permesso che, pian piano, questa bellezza e questa arte fossero andate distrutte dalle nostre stesse mani.

Merito?

Settant’anni di governi e di politica, democraticamente eletti, protesi mai al bene e al mantenimento di quella bellezza di cui il Fabio quasi nazionale stava parlando e gli stavo dando ragione, giustamente. Era ed è stato un appello, se vuoi anche commovente, perché diretto in prima persona a coloro che contano, che pensano, che dispongono, che legiferano, anche a sproposito, nel comune interesse nazionale.

Ma quando mai, andavo chiedendomi!

Ma come? Occupando e scaldando quelle famose poltroncine rosse del Parlamento tutto dai cui microfoni, in queste ultime settimane, si sono sentite “cose”  a dir poco vergognose e dis-onorevoli?

Fazio era sulla strada buona, senza cantare, ma all’improvviso…voci…voci..umane dal loggione del teatro, ma lui continuava a parlare, a parlare, disturbato, però, da quel qualcosa che aumentava di volume, fino a che lo sguardo e le luci si sono posati, come occhio di bue, su due signori a cavalcioni della ringhiera, con dei fogli in mano, urlanti  e preganti perché quei fogli, una lettera in diverse copie, fosse letta in pubblico.

Alla fine, quei signori sedati ma poco tranquilli, della lettera è stata data lettura e il contenuto, son sicuro, se lo aspettavano tutti. Era una lettera di protesta di due lavoratori di un consorzio di lavoro di Napoli e Caserta, con 800 lavoratori  alla fame, che da mesi non percepivano salari e stipendi e stavano per commettere l’atto estremo, lasciarsi cadere nel vuoto, dall’alto del loggione del teatro Ariston di San Remo, senz’altro una fine gloriosa e ingloriosa, soprattutto per le loro famiglie.

E gli spettatori paganti, assisi e forse meno beati per l’accaduto, cosa avranno pensato?

Ma come? In una serata come questa? Hanno fatto bene o hanno fatto male, quei due?

Gentili signori, spettatori e ammiratori di questo festival che a nulla serve e a nulla crede, se non nell’effimero della vita, quei due operai o impiegati che fossero, hanno fatto benissimo, e se l’audience del festival è saltato alle stelle, lo si deve a loro due che l’hanno ricreato a loro spese e onore.

Per me il festival è stato vinto da loro e neanche un eventuale intervento del signor Grillo potrà sminuirne l’importanza e, appunto, la bellezza di cui Fazio avrebbe voluto parlare più a lungo.

Le canzonette e le canzoncine rimarranno tali e quali e fra qualche giorno saranno dimenticate, visti i problemi che ci assillano e che nutrono le nostre preoccupazioni quotidiane.

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