Cuccioli, pecore e capre per un anno al debutto

Creato il 11 gennaio 2016 da Dfalcicchio

Roma, dal corrispondente

L’inutilità dei festeggiamenti del capodanno è sempre più evidente. A parte quanti ci rimettono gli arti per un’usanza (se possibile definirla tale) tanto stupida quanto banale, ci sono poi quelli che riservano a questa pseudo festa tutti i migliori propositi per progetti che non si sono realizzati negli ultimi 45 anni e che non si capisce per quale strana alchimia, proprio in questo 2016, dovrebbero finalmente vedere la luce.

Per carità, la volontà di migliorarsi è sempre sinonimo di crescita e in quanto tale nessuno la critica, ma l’aspettativa di qualcosa che sappiamo già verrà smentita un minuto dopo averla promessa, lascia sempre quel gusto di ridicolo. E si parla proprio di tutto: dalle diete che cominciano sempre il 2 gennaio (o in alternativa uno dei 52 lunedì dell’anno) fino ai buoni propositi umanitari più disparati. Pochi giorni fa è stato pubblicato un articolo che, proprio a riguardo, consigliava a quanti in odor di miglioramento mirano a traguardi troppo alti per le loro piccole ali, di ridimensionare i voli pindarici pena immense delusioni. Il sunto era: non proponetevi di svegliarvi la mattina alle 5:30, di andare a correre, di fare yoga al ritorno, di mangiare una colazione fugace quanto leggera e poi, dopo la doccia, di filare felici a lavoro; soprattutto se fino a ieri avete tenuto uno stile di vita più vicino a quello di Kurt Kobain che non del Mahatma Gandhi. Quindi, senza strafare, si potrebbe cominciare col dire che la colazione smetta di essere un anticipo del pranzo e la palestra diventi un posto in cui è possibile provare quella sensazione chiamata stanchezza. Tenendo sempre a mente che “non chi comincia, ma quel che persevera”.

Ma più in generale, quale potrebbe essere un buon proposito da condividere per iniziare meglio questo 2016?

Trovato! Consci delle ripercussioni, ci esponiamo: limitare il numero di post e messaggini di animalisti, vegetariani, vegani e naturisti vari che affollano le bacheche social di mezzo mondo. Il nostro pianeta – tra alti e bassi – è andato avanti più o meno bene fino a questo momento anche senza i milioni di video e foto che immortalano animali che giocano festosi con bambini di ogni età. Un sano spirito responsabile verso i nostri compagni a quattro zampe è assolutamente condivisibile, ma al 400esimo video – confessiamo – qualche problema di tenuta nervosa queste simpatiche testimonianze di affetto la provocano. Sarebbe poi equo ricordare che i problemi di affidamento, tanto caro ai pubblicatori seriali di coccole, sono una questione trasversale a tutte le razze presenti al mondo, e che anche i cuccioli di uomo (razza umana per intenderci) non riescono proprio con tanta facilità a trovare una casa in cui crescere. Non che un problema sia superiore all’altro, per carità, ma almeno ci sia la decenza della giusta dose. La legge attorno all’affidamento è in questo periodo al centro di aspre discussioni politiche, del tutto o quasi assenti dalle bacheche dei social.

Ormai sappiamo per certo che questi amici dell’uomo sono appassionati di bambini e inguaribili giocherelloni; è possibile diminuire le dosi?

Il rischio per alcuni è che poi si perda il contatto con la realtà.

È di questi giorni la notizie della denuncia da parte di un gruppo animalista ai danni di Vittorio Sgarbi, il quale si sarebbe reso responsabile di lesa maestà nominando invano la parola “capra”.

L’accusa mossagli supera i confini del paradossale: “incitare al maltrattamento di animali”. Il tutto, badate bene, tramite l’utilizzo improprio dell’epiteto “capra”, scagliato a ripetizione contro i suoi detrattori e quindi usato con tono dispregiativo. Tutto ciò dovrebbe essere catalogato come oltraggio all’umano intelletto.

Il sistema giudiziario italiano è di per sé già abbastanza problematico, ingolfarlo con idiozie come questa fa ripensare all’utilità di tali associazioni quando non adeguatamente gestite. Quindi, per il prossimo anno, l’augurio che possiamo fare a riguardo è: che gli animali tornino a fare gli animali e gli uomini provino a comportarsi un po’ più da uomini. Comunque, per chi volesse iniziare una causa per motivazioni analoghe, segnaliamo che un certo Gesù, tempo fa, ha osato definire il genere umano “pecore”, e lo ha fatto con intento vagamente denigratorio, descrivendole come incapaci di badare a se stesse in totale autonomia.

Luca Arleo