Là dove un tempo c'era il ghetto cittadino, ecco sorgere alla fine del 1800 un caffè-birreria dall'impronunciabile nome (per i fiorentini, ovviamente), e quindi presto ribattezzato “Giubbe rosse”, per via delle giacche colorate indossate dai camerieri, in perfetto stile viennese.
Da sempre sinonimo di cultura, vide letterati come André Gide e Giovanni Papini passare di lì, per poi diventare, dapprima, sede degli incontri-scontri tra i futuristi, fra cui Marinetti, Boccioni, Carrà e i fiorentissimi Aldo Palazzeschi, Ottone Rosai e Primo Conti (un suo dipinto è presente ancora oggi su uno dei muri), e poi punto di riferimento per gli Ermetisti, con Mario Luzi tra i maggiori esponenti. Non molti posti nel nostro Paese possono vantare di aver ospitato Dino Campana e i suoi Canti Orfici, oppure i Nobel per la letteratura Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo, o ancora la redazione di riviste come Solaria (grazie alla quale ci giunsero tradotti Joyce, Kafka, Virginia Woolf).
Oggi forse il Caffè delle Giubbe Rosse non è più ritrovo esclusivo di intellettuali e dei movimenti da loro rappresentati (forse perché di movimenti non ne abbiamo molti...), ma ugualmente crocicchio d'arte e cultura, luogo di presentazioni e mostre di pittura, reading e premi letterari.
Eccolo là, in piazza della Repubblica, i tavolini all'aperto sotto i grandi ombrelloni, gli scuri pannelli di legno alle pareti e sopra la mutevole galleria di disegni, bozzetti, illustrazioni, fotografie.
Se capitate a Firenze, sarà una tappa obbligata.
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