Cuori nel pozzo. Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone di Roberta Sorgato

Da Zaffira01

TITOLO: Cuori nel pozzo.
Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone
AUTORE: Roberta Sorgato
CASA EDITRICE: Marisilio Editore
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2010
PAGINE:280
COLLANA: Gli Specchi

- TRAMA -


"Cuori nel pozzo", che rievoca le condizioni di vita precedenti alla grande trasformazione degli anni Sessanta del Novecento, e la durissima relatà vissuta dagli emigrati italiani nelle miniere di carbone del Belgio, è un omaggio rivolto ai tanti che consumarono le loro vite al sacrificio estremo, per amore di quanti erano rimasti a casa, ad aspettarli.
Pagine spesso commosse, dedicate a chi lasciò il paese cercando la propria strada per le vie del mondo. 
L'Italia li ha tenuti a lungo in contro di figliastri, dimenticandoli. La difficoltà di comunicare, le enormi lontananze, hanno talvolta smorzato gli affetti, spento la memoria dei volti e delle voci. Mentre in giro per l'Europa e oltre gli oceani questi coraggiosi costruivano la loro nuova vita. Ciascunoi con la nostalgia della contrada natale, dove si cela anche un po' di rancore verso la patria che li ha costretti a partire.  Qualcuno fa i soldi, si afferma, diventa una personalità. Questi ce l'hanno fatta, tanti altri consumano dignitosamente la loro vita nell'anonimato.  Altri ancora muoiono in fondo a un pozzo, cadendo da un'impalcatura, vittime dei mille mestieri pesanti e pericolosi che sono gli emigranti accettano di fare. Ma sempre con onore. E il loro ricordo resta affidato alle famiglie.
Ora che cinquant'anni ci separano dalla nostra esperienza migratoria, vissuta dai predecessori per un buon secolo, la memorialistica si fa più abbondante. Esce dalla pudica oralità dei protagonisti, e grazie ai successori, più istruiti ed emancipati si offre alla storia comune attraverso le testimonianze raccolte in famiglia. Con la semplicità e l'emozione che rendono più immediata e commossa la conoscenza."

Ulderico Bernardi

-COSA NE PENSO-

E' complicato spiegare la trama di "Cuori nel pozzo", perchè non una, ma tante sono le storie che si intrecciano tra le sue pagine. Quella di Giovanni, Nannj, quella di Angelina, dei loro genitori, fratelli, amici, vicini di casa, in un'Italia che è appena uscita dalla Seconda Guerra Mondiale e ancora non ha le risorse per garantire l'occupazione e il lavoro che molti giovani sognano. L'unica scelta possibile, per i giovani lavoratori che in patria non riescono a portare a casa pane sufficiente per sfamare tutte le bocche, è partire per un'altro paese. La Germania, per fare i gelatai. L'America, per cercare fortuna. Il Belgio, per essere inghiottiti dalle voragini nere delle miniere.
Uomini in cambio di carbone. Il Governo italiano inviava la manodopera italiana, garantendo un certo numero di lavoratori ogni anno. In cambio, ogni anno, il governo belga garantiva una sicura quantità di carbone.
Ragazzi e uomini italiani, spinti dalla povertà, dallo stipendio buono, dalla promessa di una vita migliore, abbandonano l'Italia per trasferire le loro vite nei bacini carboniferi di un Paese che molti di loro a stento saprebbero collocare sulla carta geografica. Non parlano la lingua, non sanno il mestiere, ma scendono lo stesso in quei pozzi, ogni volta con la paura di non riemergene più, di non vedere più il sorriso, gli occhi, il volto tanto amati. Di mogli, di figli, di padri e madri, di tutti.
Ma "Cuori nel pozzo" non è solo questo. Non racconta solo dell'incidente avvenuto nel 1956, in Belgio, nella miniera di Rieu du Coer, a Quaregnon, che ricorda e rievoca molto da vicino, anticipandola, la più grande catastrofe avvenuta sei mesi dopo, l'8 agosto 1956, a Marcinelle, nella miniera Le Bois du Cazier. In quell'incidente morirono 262 uomini, di cui 136 italiani, lasciando 417 orfani.
Nell'incidente di Rieu du Coer perirono "soltanto" sette minatori, di cui sei italiani. Tra questi, anche Giovanni Sorgato, detto Nannj.

Giunti a questo punto della recensione, andatevi a rileggere il nome dell'autrice del libro.

Roberta Sorgato è la figlia di Nannj, minatore della miniera belga di Rieu du Coer.
Si capisce allora tutta la commozione che in alcuni passi emerge bene, tutto il dolore che viene delineato in modo così netto, soprattutto nell'ultima parte, dove il titolo assume uno struggente dolce significato e dove la penna dell'autrice sembra aver scritto non con inchiostro, ma con lacrime.
L'amore di cui si parla è così grande, anche nel momento più estremo, dove la paura è soltanto quella di non rivedere più le persone per cui il proprio cuore batte, che è davvero difficile rimanere impassibili, anche per chi ha giudicato tutta la parte precedente non all'altezza delle aspettative.
Per anni mi sono vantata di non commuovermi facilmente, ma leggendo quelle parole, quello struggimento, quel dolore che viene reso tangibile da quei segni stampati sulla carta, che più di una volta sono stati offuscati da un velo appannatore spuntato a tradimento a coprirmi la vista, non si può rimanere indifferenti. Mettendo insieme tutti i tasseli che questo libro fornisce, come pezzi sparsi di un puzzle, non si può evitare di sentire una stretta allo stomaco, alla gola, un'opressione al petto. Non ci si può pensare a lungo senza mettersi a piangere, pensando che nulla o pochissimo di quanto raccontato è inventato, ma è invece tutto vero, Nannj e Angelina, i loro bambini, i minatori, le condizioni delle miniere e del lavoro, è tutto vero, descritto e narrato, confidato si potrebbe dire, da chi quella realtà e quel vuoto li ha provati sulla proria pelle.
Angelina, giusto per darvi un'idea, è morta alla fine di aprile 2012. Roberta Sorgato vive in Italia, dove soltanto nel 2009 Nannj ha potuto fare ritorno.
Le ultime pagine di questo libro sono state sicuramente le più struggenti e commomenti che abbia mai letto.

Tuttavia, anche se mi piacerebbe potermi soffermare soltanto sulla storia, non voglio illudere potenziali lettori di trovarsi di fronte ad un capolavoro.
Personalmente, ho trovato i primi due terzi del libro abbastanza noiosi, ritrovandomi più di una volta a non condividere le scelte dell'autrice. Effettivamente, viene dato poco spazio alle condizioni dei minatori in Belgio, viene prestata invece molta più attenzione ai dialoghi, tanto che descrizioni dei personaggi non ce ne sono o sono frammentarie e sommarie. La Sorgato si concentra moltissimo sui sentimenti, e questo non è certo un male, se non fosse che va a discapito del "background", che è troppo poco delineato perchè il lettore se lo possa figurare, anche se forse era proprio questo l'intento della scrittrice.  Protagonisti sono proprio Angelina e Nannj, innamorati di un amore che nemmeno la più estrema delle separazioni può far venire meno.
Una cosa che davvero non sono riuscita a farmi piacere sono i flash-back dentro i flash-back dentro i flash-back. Ecco allora che si parte con Angelina seduta da sola sull'unica sedia della sua nuova "casa" in Belgio, e con la sua mente ci si ritrova ai tempi in cui era bambina e il padre Antonio la portava sul greto del Piave per respirare "l'aria buona", e poi con la mente del padre si ritorna indietro ai tempi della prima guerra mondiale, quando lui combatteva su quegli stessi sassi, su quelle stesse sponde... e l'Angelina del Belgio diventa lontana anni luce.
Gran parte del libro non è altro, infatti, che un immenso flash-back che ci racconta le vite di Angelina e di Nannj prima di partire, dei loro genitori e di altri personaggi.
Niente da dire sull'abilità della Sorgato di delineare i sentimenti dei personaggi, ma molto spesso questi salti temporali finiscono per distogliere il lettore dal filo principale, quello del lavoro in Belgio, talvolta anche in momenti salienti in cui magari il lettore vorrebbe sapere subito come va a finire. Da un lato questo smorza la tensione e permette di riprendere fiato, ma dall'altra risulta anche di disturbo.
Di pozzi si parla soltanto alla lontana, l'occhio del narratore non ci si avvicina mai, rimanendo sempre focalizzato, nel presente e nel passato, sulle persone.
Forse più di tutto è stato questo a lasciarmi un po' perplessa, perché dal titolo e dalla copertina mi aspettavo qualcosa di diverso e perciò è stato un po' deludente, non perchè non sia scritto bene ma perché non era quello che mi aspettavo.
Benchè vada a delineare a grandi linee un periodo storico, non è un romanzo di questo genere: si può dire sia una storia d'amore, di quelle che davvero ti stringono il cuore, senza però condannare nessuno.

Non ci sono booktrailer di questo libro, ma vi propongo invece una canzone dei New Troll. Si intitola "Una miniera", è stata scritta per il disastro di Marcinelle. Disastro diverso, ma stesso dolore.

A TUTTI GLI SCONOSCIUTI, DIMENTICATI EROI
è dedicato questo simbolo d'Amore: a ognuno di loro
che, in ogni tempo e in ogni luogo, hanno barattato la vita 
con un pezzo di pane per asciugare il pianto dei propri figli.

MAI PIU'

scritto

PER SEMPRE
in un oggi e in un domani
finalmente
senza

MORTI BIANCHE

Sono uscita dal pozzo
Era la mia vita senza di te
Era la tua morte: inutile lontano da me

HO
TROVATO
LA
LUCE

( Roberta Sorgato - Cuori nel pozzo)


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