Curiosity Horizon SOL 3 "before us"
Once upon a time, in a faraway place, there was a water mirror....
"Courtesy NASA/JPL-Caltech." processing 2di7 & titanio44
Quale immagine scegliere per rappresentare gli ultimi risultati rilasciati ieri nel corso del Lunar and Planetary Science Conference tenutosi in Texas?
Curiosity ha ottenuto ulteriori prove che l'acqua una volta scorreva copiosa nel cratere Gale e le sue tracce sono rimaste intrappolate nelle vene minerali all'interno delle rocce.
Il rover dal suo canale di Twitter scrive:
Water, water everywhere, but not a drop to drink. More evidence of H2O-bearing minerals in rocks [gallery] go.nasa.gov/115Jeif
— Curiosity Rover (@MarsCuriosity) 18 marzo 2013
La scorsa settimana il team scientifico del rover ha annunciato i già promettenti risultati delle analisi sul primo campione di polvere prelevato con il trapano dalla roccia John Klein: il Marte del passato aveva ambienti favorevoli alla vita microbica.
Ora, i nuovi risultati confermano che queste condizioni erano estese all'intera area e non sono una peculiarità del sito di perforazione.
D'altra parte i dati orbitali avevano già identificato interessanti caratteristiche nella zona.
La seguente mappa mineralogica del cratere Gale mostra in verde i filosilicati (argille), in blu e magenta i solfati, in rosso l'olivina ed in arancione solfati misti ad argille. La croce gialla, indica il sito di atterraggio di Curiosity, Bradbury Landing.
Credit: NASA / JPL / JHUAPL / Ralph Milliken
L'utilizzo combinato di immagini in infrarosso e lo strumento a bordo del rover che spara neutroni sul terreno marziano per verificare la presenza di idrogeno, il Dynamic Albedo of Neutrons (DAN), ha permesso agli scienziati di identificare minerali idrati anche in altre zone vicino al cuscinetto di argilla ("fango indurito", come spesso è stato definito), John Klein.
"Alcune vene di ferro e altri minerali possono essere rilevati e mappati con la MastCam, vicino l'infrarosso", ha riferito Jim Bell dell'Arizona State University di Tempe.
L'esperimento ha utilizzato la ruota di filtri della MastCam per riprendere i target a diverse lunghezze d'onda, scoprendo così che le riprese in infrarosso possono essere utilizzate per rilevare alcuni tipi di minerali idrati.
Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU
Questa tecnica è stata utilizzata a Yellowknife Bay perché qui diverse rocce presentano venature luminose.
Il primo bersaglio è stata la roccia chiamata "Knorr".
Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS
"Con la Mastcam, vediamo segnali di idratazione elevati nelle vene sottili che tagliano molte delle rocce in questo settore", ha detto Melissa Rice del California Institute of Technology, Pasadena. "Queste vene luminose contengono minerali idrati diversi dai minerali argillosi della matrice circostante".
Veins and Nodules at 'Knorr' Target in 'Yellowknife Bay' of Gale Crater
Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS
In pratica, la MastCam è stata utilizzata per misurare la quantità di luce riflessa alle varie lunghezze d'onda e questo ha prodotto indicazioni spettrali che possono essere utilizzate per definire la composizione del target.
Il grafico seguente mostra i principali spettri registrati in due diversi punti di Knorr con lunghezze d'onda crescenti dal visibile verso l'infrarosso (da sinistra a destra).
Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU
La seguente foto è invece una mappa di idratazione minerale del target, ricavata dagli scatti del sol 133 (20 dicembre 2012). L'area ripresa è di circa 25 centimetri.
Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU
L'esperimento è stato ripetuto anche su altre rocce. Ad esempio, su "Tintina", un piccolo frammento di roccia rotto dal passaggio di Curiosity, di appena 3 centimetri per 4 centimetri, ripreso dalla MastCam durante il sol 160 (17 gennaio 2013).
Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS
Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU
Il DAN sembra invece confermare che il cratere Gale oggi è essenzialmente "arido" e l'idrogeno individuato è legato esclusivamente alle molecole d'acqua presenti nei minerali.
Questo strumento spara neutroni sul terreno e i sensori rilevano come vengono riflessi: quando un neutrone si scontra con un atomo di idrogeno, allora rimbalza con una caratteristica diminuzione di energia. il DAN è in grado di lavorare anche in modalità passiva, senza inviare neutroni sul terreno ma sfruttando i raggi cosmici galattici.
Il grafico che segue indica le misurazioni effettuate dal Dynamic Albedo of Neutrons durante il tragitto di Curiosity.
Credit: NASA/JPL-Caltech/Russian Space Research Institute
Il DAN rileva anche piccoli quantitativi d'acqua, principalmente legati alle caratteristiche minerali delle rocce.
Il grafico successivo rappresenta la quantità e la profondità di acqua rilevata durante la traversata di Curiosity.
Credit: NASA/JPL-Caltech/Russian Space Research Institute
I risultati dello spettrometro Alpha Particle X-ray (APXS) a bordo del rover hanno confermato che i processi avvenuti in presenza d'acqua, che hanno prodotto argilla a Yellowkinife Bay, non hanno apportato significative variazioni agli elementi chimici già presenti. Alla fine basta eliminare un po' di polvere superficiale, per avere letture più chiare.
"Con la rimozione della polvere, abbiamo una migliore lettura che spinge verso una classificazione della composizione basaltica", spiega Mariek Schmidt della Brock University, Saint Catharines, Ontario, Canada.
Le rocce sedimentarie di Yellowknife Bay si sono probabilmente formate quando le originali rocce basaltiche sono state suddivise in frammenti, trasportate, ri-depositate come particelle sedimentarie e mineralogicamente alterate da esposizione all'acqua.
"Abbiamo trovato un ambiente abitabile che è così benigno e di supporto per la vita che, probabilmente, se questa acqua era li e noi fossimo stati sul pianeta, avremmo potuto berla", ha dichiarato John Grotzinger, lo scienziato a capo della missione Mars Science Laboratory, presso il California Institute of Technology di Pasadena, in California.
Nel frattempo però, per Curiosity non sono finiti i problemi e nonostante gli ultimi grandi risultati, le attività scientifiche sono ancora bloccate: il 16 marzo il rover è entrato nuovamente in safe mode, dopo i problemi manifestatesi a fine febbraio e in via di risoluzione. Così gli ingegneri avrebbero individuato un nuovo ostacolo: un semplice bug nel software, di facile risoluzione, legato ad un controllo di dimensioni su un file di comando.