Cyber War/ Le nuove tendenze del Web. A lezione di Social Media Manager

Creato il 24 agosto 2012 da Antonio Conte

di Antonio Conte – Fa sempre un certo effetto vedere dei giovani giornalisti in carriera irrompere nella scena con interviste fatte da TV emergenti sui temi dell’ovvio al fine di orientare i cosiddetti “ritardatari tecnologi”. Ho conosciuto molti traghettatori di competenze verso il digitale e io stesso fatico a spiegare che non sono tra costoro. Vero è che la maggior parte della popolazione vive ancora al di la del “fosso tecnologico”, e se vogliamo possiamo prendere a prestito la metafora di Marc Prensky, secondo cui la popolazione si dividerebbe tra Nativi e Immigranti digitali.

Questa intervista mi ricorda, un poco, quel vecchio concetto del “boot strap” con quale i computer si risalgono e si dicono “ready”. Con una metafora geniale, presa in prestito dalla cultura anglosassone, il sintagma allude ad un individuo che in un paradosso, volendosi sollevare si tira le stringhe delle scarpe, un po alla maniera del Barone Munchausen. Qui invece il paradosso era centrato per tirar fuori dall’oceano, se stesso compreso il cavallo, cioè invece di nuotare tirava se stesso verso l’alto dal codino dei capelli.

Per sciogliere la metafora sul piano informatico, possiamo dire che un computer vuoto non può azionarsi e funzionare se in effetti non avesse istruzioni in memoria, in quanto appunto, spento. Nelle fasi iniziali dell’attivazione dei circuiti si serve pertanto di memorie suppletive ed incancellabili (ovvero che permangono anche senza alimentazione elettrica) che mantengono il famoso BIOS, un software di base che si occupa del lancio delle prime attività funzionali e del riconoscimento delle periferiche connesse al sistema (tastiera, video, memorie di massa, ecc..) . Una volta che la lista delle attività è terminata il BIOS non serve più e al suo posto appare il Sistema Operativo che è stato installato su quello specifico sistema. Gli esperti preferisco infatti parlare di sistema più che di computer, al contrario spesse volte l’utente generico non distingue il case dal monitor e crede che quest’ultimo sia il vero pc. Mondo Apple a parte evidentemente, che con iMac di tipo All-in-one è ormai famosissimo.

Detto questo e per non dilungarsi troppo sullo scioglimento della metafora, mi viene in mente di chiedere al nostro lettore se gradisca articoli mirati alla maggiore conoscenza dei Computer e della cultura informatica che di fatto è necessaria per affrontare temi molti più evoluti come la “Cyber War” nella Difesa, e l’uso di strumenti come le lavagne interattive nella Didattica. Alle due aree professionali compete però la “telepresenza” o la “realtà aumentata”, delle cui applicazioni magari parleremo più avanti. Se mi fosse permessa una lucida e professionale enunciazione, direi con una metafora, che in Militaria siamo come esattamente come nel comparto Scuola. Ovvero siamo rovinati. Scherzo ovviamente, ma certe volte, laddove infatti servono le competenze più raffinate si trovano anche profonde lacune culturali ed esperienziali.

Tutta colpa del docente non è, evidentemente, come non ha tutta la colpa il militare attempato ovviamente. L’accelerazione dello sviluppo tecnologico è davvero grande e non pochi sono rimasti indietro.

Ma tale è, almeno dal mio punto di vista, la situazione media italiana. Ora senza che nessun se ne abbia ad offendere (perché già esperto) mi piacerebbe ricevere delle richieste su questo tema tramite commenti in questo post. Scrivendo la tua proprio in fondo a questo articolo. Non che ora io mi aspetti – con questa richiesta – una pioggia di contributi pubblici, ma andrebbero bene ance richieste private che io poi possa articolare in merito nuovi post con temi anche diversi.

Credo che il militare e l’insegnante, sia alla fine come il fotografo analogico: nascono “saputi”, o come si dice con un vecchio  detto idiomatico preso in prestito da certi dialetti (mi si consenta una vena di umorismo, quest’oggi) nascono ‘imparati’. La saggezza popolare dei nostri anziani, ha sempre attirato la mia attenzione come gustosa e piena di raffinata lungimiranza. Ma cosa si vuol dire. Che, grazie alla mia lunga esperienza nel settore formativo, specie privato, ha imparato che se si fa un corso di base, mai mettere insieme due o più che si dicono esperti, a maggior ragione se si conoscono già. Molte volte mi è capitato infatti di dover dividere i corsi lavorando il doppio ed allo stesso prezzo.

Ma, spero che quel segmento della mia vita abbia avuto termine. Ora metto a disposizione del lettore di RSM, anche se non in modo strutturale e non puntuale (cioè con un appuntamento fisso) le mie competenze informatiche, nella speranza di costruire una piccola comunità e di continuare a suggerire nuovi look o stratagemmi tecnologici o politiche mediatiche a siti istituzionali, (per i privati sarei disponibile a contratto) che mal si muovono ancora nel settore dei New Media. Anche qui non tutta la colpa è delle istituzioni in quanto i Social Media e i Social Network sono un affare che riguarda maggiormente la persona privata che l’ente, ed anche se un’istituzione come la Scuola ricorre sui suoi siti web ai bottoni di condivisione sulle proprie pagine, ciò non vuol dire che questi vengano usati o che funzionano secondo le attese: ovvero serve necessariamente la formazione, o se volete almeno il coordinamento. Di certo un il bottone, pur necessario, un vantaggio ulteriore lo fornisce, specie rispetto ad una pagina statica e non interattiva. Ma tali bottoni funzionano tanto meglio, quanto meglio è strutturata la comunità virtuale di chi quel bottone, lo usa.

Ma faremo un passo alla volta. E, solo se il lettore vorrà! intanto veniamo al video che vi giro, e lo trovo comunque interessante, ma, vi è un ma, la giornalista intervistata purtroppo, pare non rispondere pienamente alle attese attivate dal titolo del video stesso. il titolo è “Mariapia Ebreo e la figura del Social media manager”. Ma fa peggio il paragrafo di sottotitolo, che dice “Intervista a Mariapia Ebreo, giornalista ed esperta di comunicazione, che spiega che cosa significa e come si fa a diventare Social media manager con consigli per diventare esperti di social network”. Il tutto consumato in 6 minuti circa. Non vi pare un’assurdità anche a voi? Di fatto non ha neanche elencato di cosa vuol parlare. A tratti però, grazie alla sue esperienza i  Wired Italia, cita degli episodi interessanti che la qualificano meglio sul piano professionale, quando parla per esempio di “al jazeera“, la nota tv araba. Ma non anticipo altro.

La confusione forse, è un segno che dovrebbe tranquillizzarci, in quanto la materia – come così si dimostra – è alquanto complessa e servono forse più di pochi minuti per affrontarla.

Ma senza troppo preoccuparci, a questo punto vi darei un arrivederci al prossimo post su questo tema, magari analizzando alcuni siti presi a campione, nella speranza che non si offendano per la critica, che da par mio, sarebbe sempre bonaria e costruttiva.

Per qualche colloquio privato via chat, se ritenete, vi aspetto su Facebook, https://www.facebook.com/antonio.conte aggiungetemi pure ai vostri contatti, potrete vedere in seguito, qui un mio album con qualche credenziale, sono titoli e certificati che illustrano la mia lunga (si fa per dire) carriera nel mondo ITC. E, scusatemi se è breve.

Antonio Conte