In effetti, pare che il web abbia contribuito ad ampliare le frontiere dell'ipocondria, creando un fenomeno che è stato denominato "cybercondria", ansia derivante dalla continua consultazione di siti web su salute e medicina.
"E' importante guardare le informazioni mediche...ma dato che l'informazione sul Web è così vasta, facilmente consultabile, e di conseguenza non differenziata, è facile saltare a conclusioni inesatte, come pensare di aver un tumore al cervello quando di fatto si ha solo un'infezione" dice Judy Segal, professoressa alla University of British Columbia che effettua studi culturali sulla medicina.
Molte informazioni presenti su Internet sono accurate e affidabili. La questione è su come vengono interpretate: "Il problema è che anche quando l'informazione è affidabile, la nostra abilità di sapere cosa farne non lo è" spiega Segal. "I problemi medici sono spesso complicati, e qualcuno senza un'esperienza medica potrebbe arrivare a conclusioni sbagliate".
Secondo Segal, Internet incoraggerebbe l'ipocondria, che porta le persone a preoccuparsi eccessivamente di alcuni disordini o malattie, senza tuttavia non credere ai medici quando spiegano loro che non c'è nulla di cui preoccuparsi. "Quando ci sono così tante informazioni, è facile concentrarsi su ciò che potrebbe accadere, anche se le possibilità sono scarse. Internet estrae l'ipocondriaco che è in noi".
La Segal non è l'unica a pensarla in questo modo: la Microsoft, nel 2008, ha rilasciato un rapporto intitolato "Cyberchondria: Studies of the Escalation of Medical Concerns in Web Search".
E' ormai ben noto quanto Internet possa amplificare le nostre ansie: basti pensare al panico immotivato che assurde dicerie sul 2012 hanno scatenato in alcune persone, o anche solo al moto di curiosità che questo argomento ha suscitato, portando parte degli utenti ad essere possibilisti su una catastrofe che ha ben poche probabilità di avverarsi.
Allo stesso modo funziona la cybercondria. Che però non è solo alimentata da pagine web, ma anche da annunci di natura farmaceutica. "Le pubblicità sui giornali e nelle televisioni dicono ai consumatori che la loro indigestione o la loro costipazione possano essere qualcosa di pericoloso. Alcuni potrebbero iniziare a pensare di essere affetti da condizioni più serie".
Molto importante sembra essere il parere degli utenti, in particolar modo di quelli che hanno sperimentato le stesse situazioni. "I dottori non possono fornire lo stesso livello di dettagli rispetto ad un paziente che può dire come ci si sente ad affrontare un certo trattamento o a vivere in una determinata condizione" dice Susannah Fox, direttore associato del Pew Internet American Life Project.
Questa cybercondria non solo ha amplificato le nostre ansietà, ma ha anche cambiato il rapporto medico-paziente: molte persone arrivano dal proprio medico già informate, ma con idee spesso distorte, sul tipo di malattia che credono di aver contratto, o sul possibile farmaco per il proprio trattamento.
Il puro e semplice dato medico può creare tensioni e incomprensioni, se non correttamente interpretato. Se, da una parte, la corretta informazione del paziente è un'ottima cosa, bisogna leggere correttamente le informazioni, con il giusto background medico che consenta di comprenderle e di elaborarle per effettuare una diagnosi corretta.
Internet fuels bad self-diagnoses and 'cyberchondria'