Mi dispiace non poter pubblicare la parte finale di "La viaggiatrice virtuale". Il grande successo di quella pseudocasalinga inglese con il suo pseudopornazzo rosa mi ha convinto a deviare verso una deriva erotica che non posso pubblicare così, per non turbare anime sensibili.
D'altra parte era difficile trovare un escamotage letterario per risolvere l'inghippo di tre persone rinchiuse in un appartamento e quindi utilizzo l'unica alternativa, dando sfogo alle mie fantasie che peraltro si risolvono in cose banali e scontate, poco degne di nota e quindi inutili da leggere, almeno per chi legge questi post.
Intanto proseguo nel mio filone "giustizia", con questa mia riflessione poco vacanziera. Tutta colpa dei thriller.
P.S. l'immagine è tratta dal web e non ha alcuna attinenza con i contenuti di questo post e con la poesia, opera di mia fantasia.
Nessuno tocchi Caino
Non m’importa dell’assassino.
Macchie rosse sul pavimento
lasciano tracce sbavate,
imperfetti disegni di morte.
Non m’importa
la contorsione linguistica
di chi nell’ordine
giustifica la pace sociale,
il fallimento della ragione,
il nichilismo educativo.
Sedativi e seduzioni sospingono
verso uscite precipitose,
vie di uscita senza sicurezza.
Si costruiscono prigioni
e s’innalzano mura
ma le persone cambiano
in un via vai di anfratti giudiziari.
Delle vittime accenniamo
particolari scabrosi.
Si osanna una maggiore severità,
altri inneggiano alla liberazione:
si abbattono le mura
e s’innalzano muri di silenzio.
In silenzio si piange.
La macchia rossa
si allarga sul pavimento
delineando costruzioni labirintiche.
La morale ci educa.
In fondo la cattiveria non esiste,
si insiste.
Nessuno tocchi Caino
perché egli ha già ucciso:
la macchia rossa viene lavata,
il segno sbiadito.
Eppure qualcosa rimane sul pavimento,
qualcuno esce dall’uscita di sicurezza.
Qualcosa rimane,
qualcuno esce.
Una cosa rimane.