D'in sui veroni del paterno ostello

Creato il 14 maggio 2011 da Fredy73 @FedericaRossi5
Da oltre una settimana vivo a casa dei miei genitori. E' una situazione temporanea, finché la convalescenza post-operatoria non mi consentirà di tornare a casa mia.
Purtroppo, come nella migliore legge di Murphy, la cosa più difficile da fare saranno le scale. E, ovviamente, io abito al secondo piano, senza ascensore, della mia palazzina.
Questo ritorno a casa, comunque, è stato come me lo aspettavo. Drammatico!
Non mi fraintendete. Adoro i miei genitori e loro stravedono per me. Ma basterebbe già solo l'esigenza di una casa propria, con i propri orari e le proprie abitudini, a rendere difficile questo periodo.
In più - nel mio caso - si aggiungono vecchie e nuove conoscenze della mia vita familiare che avevo abbandonato a 19 anni (salvo poi un breve ritorno a casa prima della convivenza con A).
Mia madre, ad esempio, non vedeva l'ora di avermi un po' per sé, al punto che con mia sorella stiamo elaborando un piano per farmi evadere. "Non ti faranno andare via mai più", ha sentenziato lei laconica.
E, in effetti, il sospetto mi è venuto, perché ogni volta che provo a programmare una data per il mio rientro, la questione viene risolta con un minaccioso "Poi vediamo" o col più esplicito "Ma statti qui ancora un po'".
Non sono un'ingrata, ma a casa mia ho tutte le mie comodità, mentre qui, a cominciare dal micro-pc con la tastiera lillipuziana, sono soggetta a orari e coprifuoco da Talebani.
I miei genitori, infatti, si addormentano verso le 9 di sera. Se tutto va bene anche verso le 9.30. Il che significa non poter ricevere nessuno e, talvolta, nemmeno una telefonata.
I rigidissimi orari, dettati dall'abitudine, più che da una vera e propria regola, prevedono cena alle 8 in punto, pranzo alle 13.30 e fumata di sigaretta esclusivamente fuori al balcone (in questo ultimo caso la scelta è stata imposta proprio da me visto che le mie due nipotine sono sempre qui... e questo certo è un vantaggio non indifferente).
Inoltre, l'assoluto dominio sul telecomando delle due tv mi esclude da qualsiasi distrazione che non sia la lettura di un libro.
Come se non bastasse, mia madre è una fan sfegatata di Fox Retro. Il che significa sorbirsi tutte quelle serie televisive che già odiavo negli anni ottanta. Non so il perché, ma mi mettono a disagio e mi infondono un velo di tristezza. E, tra l'altro, mi riportano esattamente al punto di partenza, come se da questa casa non me ne fossi mai andata.
Così, anche le epiche discussioni tra i miei genitori, invero comuni a tutte le coppie sposate da troppo tempo, mi riportano all'infanzia e all'adolescenza che speravo di aver finalmente messo da parte. Anche la mia dieta è andata a farsi benedire, perché mia madre dispensa affetto condito da abbondante olio almento tre volte al giorno.
Impossibile rifiutare. O l'offesa sarà lavata con il sangue.
Con le mie stampelle, tra l'altro, mi trovo a percorrere spazi chilometrici, visto che la casa dei miei potrebbe contenere la mia un po' più di quattro volte.
I primi giorni, con la mobilità ridotta al minimo, facevo sempre i pro e i contro prima di bere un bicchiere d'acqua, conoscendo la traversata da affrontare per andare poi a smaltirlo in bagno.
L'unico rifugio, oltre alle bambine, restano i balconi di una casa che dal quinto piano domina il letto di un fiume che scorre lento e sempre uguale, osservando il passeggio di pedoni e il passaggio di auto in giornate dall'aria dolcemente primaverile. D'altra parte è "il maggio odoroso" e io non ho ancora avuto modo di indossare i miei nuovi capi d'abbigliamento che richiederanno adeguata scarpa con tacco alto.
Ma sogno di farlo. E' il mio obiettivo. E il soggiorno vacanza in casa Taliban fa parte del pacchetto.
Che poi, come qualsiasi figlia ingrata, mi troverò a rimpiangere col tempo. O a provarne addirittura nostalgia, quando il mio ginocchio mi consentirà di salire quel maledetto scalino.Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso dell’autrice.