Un informatore ci informa con una preziosa informazione: il documento di Pozzomaggiore non è l’unica testimonianza del protoromanico e chillossà quante ancora il destino vorrà regalarcene, a gloria imperitura di questa ineguagliata civiltà. Le cui propaggini scrittorie, ormai possiamo annunciarlo con estrema sicurezza, affondano non solo nelle miniere di turchese del Sinai – con scritte erroneamente ritenute in alfabeto protosemitico – ma anche nella Palestina, dove fino a ieri sera si riteneva che spadroneggiassero, nel II millennio a.C., il proto-ugaritico ed il proto-altro. Quando Guglielmo Maetzke descrisse la necropoli a enkytrismòs di età romana di Cantaru Ena (1), si stupì di trovare strani segni su alcuni ziri, ziri che lui attribuì al retaggio artigianale nuragico del luogo. I segni vennero ritenuti di nessuna importanza dai suoi colleghi, e nessun altro autore ne parlò in seguito. Adesso sono arrivato io: gli antichi abitanti della Sardegna non c'entrano niente(2). È il protoromantico, in tutto il suo splendore, che reclama ancora una volta il suo diritto ad esistere.
Caro collega, c'è un altro comandamento ad illuminare il cammino di certi archeologi sardi: “Nega sempre e non aver paura di dire il falso, se questo fa comodo”. Ce lo ricorda Marcello Madau cui è stato affidato il compito di presentare dieci volumi sull’archeologia sarda. Egli, nel solco della nouvelle vague archeologica che ha in Stiglitz il suo campione, recita il rosario sulla indefinita grandezza della civiltà nuragica: essa non ha bisogno “di falsi, scritture inventate (guarda caso, in oggetti sempre hors stratigraphie, fuori contesto) autodefinitesi scientifiche”. Il dogma del contesto come tutti i suoi fratelli non ha bisogno di essere dimostrato e, nella Religione madauiana, è circolare: ciò che non sta nel contesto non serve un tubo e ciò che si decide non serva è fuori contesto, anche se trovato nel suo contesto. Non sono io, caro Stella, a essere contorto: è questa Religione a non sollecitare la comprensione: è così e basta. Il coccio di Pozzomaggiore, per dire, fu trovato nel suo contesto, la scritta del Nuraghe Aiga lo stesso, quella sul nuraghe Rampinu ugualmente, al pari della scritta in su Nuraxi. Ma non saranno questi esempi eretici a insidiare il dogma. Il contesto qui c'è. Sono le scritte a essere inventate o, come tu dici, ad essere attribuibili al protoromantico. Una volta, davanti a simili tentativi di imbrogliare le carte, mi inquietavo. Ora sento solo una profonda immarcescibile pena anche perché mi chiedo quanto camperebbero al loro posto di archeologi se, davanti al coccio trovato da un ragazzino nei pressi di Gerusalemme( http://gianfrancopintore.blogspot.com/2009/12/toh-chi-si-rivede-il-protocananeo-anche.html), avessero esclamato: “Pussa via tu, che sei fuori contesto”. [zfp]