Da dove parte una storia

Da Marcofre

Un buon romanzo parte sempre dalla storia per arrivare al tema

Chi afferma questo è Stephen King: avrà ragione? Dal basso della mia esperienza, direi di sì. Quando non siamo in grado di scrivere una grande storia pensiamo che il trucco sia di buttarci dentro una “Superidea”. Ci penserà lei a creare quello che ci serve.
Non funziona affatto in questo modo, a mio parere.

Perché a questo punto non ci saranno personaggi, ma burattini, al servizio della nostra Superidea. Non si può chiedere al lettore denaro, tempo, attenzione, e pure che sposi la nostra visione del mondo; soprattutto quando non c’è una storia, ma solo un lungo e noioso proclama.

È invece indispensabile riuscire a creare un organismo capace di esprimere forza e movimento. Questo sarà dotato anche di testa, e potrà usarla (non è detto che lo faccia per il meglio). Prima però, devo avere la capacità di colpire il lettore, di ficcarlo dentro un mondo molto fisico (perché il lettore non crede a nulla, perciò è credulone; non scorge la complessità della vita, per questo abbraccia il fondamentalismo) che contiene però l’unico alfabeto che egli comprende. E spesso in maniera pure imperfetta.

Occorre prendere atto che una grande storia parte da ingredienti comuni. Se da questi non riusciamo a ricavare un “piatto” eccellente, non è colpa della cucina, oppure dei clienti del ristorante. È tutta nostra la responsabilità.

Pochi ci prestano attenzione, ma sono gli aspetti più comuni del vivere che presentano le sfide maggiori. Da una parte, c’è il trappolone cosmico dello stereotipo. Del cliché.

Dall’altra abbiamo il rischio di non fornire alla storia i denti necessari per conficcarli nella carne del lettore. Perché costui non lo sa, ma ha bisogno di un morso, anzi più di uno. E se chi decide di scrivere non comincia ad affacciarsi dalla finestra di casa, e provare con quello che lo sguardo gli restituisce, non sarà affatto in grado di creare qualcosa di valore.

Lì, nel cortile, in quella piazza o strada che sia, respira qualcosa che lui conosce; quei muri, gli alberi e le persone, sono una buona palestra per iniziare. Solo per iniziare però, poiché è necessario una dura opera di manipolazione per giungere a confezionare un meccanismo capace di funzionare.

La sfida è renderli tangibili e vivi, manipolarli in maniera tale che se ne veda la vita e la vitalità. In seguito, forse, potrà balzare fuori il tema. Magari pure grande, importante. Però non è detto che la narrazione di una coppia alla deriva, debba per forza sposare una Superidea. Scott Fitzgerald in una sua lettera ammetteva di non essere tagliato per i grandi temi. Ma questo non gli ha impedito di entrare nella narrativa del Novecento. Io lo evitavo perché i suoi temi mi parevano frivoli: l’autore che celebrava i Ruggenti Anni Venti, che aveva da spartire con uno come me? Nulla!

No, tutto. Meglio tardi che mai, certo. Però, quanto tempo perso…


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