Prima di affrontare l’argomento diamo un’occhiata alla dichiarazione rilasciata da George Papandreou il 12 febbraio scorso durante l’ultima seduta parlamentare cruciale per il voto greco sul recepimento del pacchetto di riforme volute dalla UE;
Il nostro sistema politico è collettivamente responsabile di tutti i funzionari che abbiamo assunto per favoritismo, dei privilegi che abbiamo accordato per legge, delle richieste scandalose che abbiamo soddisfatto, dei sindacalisti e degli uomini d’affari che abbiamo favorito e dei ladri che non abbiamo messo in prigione»
Questa dichiarazione bomba, che avevo ascoltato durante la diretta web streaming di RaiNews24 e ho ritrovato con piacere sul blog phastidio.net, la dice lunga sul percorso greco verso la rovina. Non vi pare si addica perfettamente al panorama politico italiano? Detto questo, ricordiamo che la nostra situazione e’ molto diversa da quella greca.
Fonte: Il Post
Nonostante le nuove misure di austerità approvate ieri dal Parlamento greco per ottenere il secondo prestito internazionale di 130 miliardi di euro, l’ipotesi di un fallimento per il paese non è affatto scongiurata. Il 20 marzo scadranno titoli di Stato emessi dalla Grecia per un valore di 14,5 miliardi di euro. Dopo l’approvazione della manovra quella data fa meno paura, ma ancora oggi, nonostante tutti i tagli alla spesa e i sacrifici, il governo spende molto di più di quanto guadagna in entrate fiscali. La situazione resta molto critica, e questi guai cominciano da lontano.
La Grecia cresceva
Fino a qualche anno fa nessuno o quasi pensava che la Grecia potesse ridursi in questa situazione. Dal 2000 al 2007 la Grecia sembrava una delle economie più in forma dell’eurozona. Il suo Prodotto Interno Lordo cresceva con punte anche del 6 per cento, come nel 2003. Soltanto nel 2005 c’era stato un piccolo rallentamento della crescita, quando il rapporto deficit/PIL era in espansione e c’era da pagare ancora il conto dell’organizzazione delle olimpiadi di Atene dell’anno prima. Tuttavia il PIL cresceva anche quell’anno (+2,8%) e una manovra finanziaria che, tra le altre cose, aveva alzato l’IVA dell’1 % (dal 18 al 19%) aveva portato nel 2006 il PIL a crescere di oltre 4 punti. Così, banche e altri fondi privati prestavano denaro in grande quantità alla Grecia e, a differenza di quanto accade oggi, a tassi molto ridotti. All’epoca le agenzie di rating davano al debito greco la valutazione “A”.
Lo spartiacque
La crisi finanziaria del 2008 ha cambiato le cose. O meglio, ha messo in evidenza i gravi problemi che fino a quel momento erano rimasti nascosti. Innanzitutto, la Grecia ha sofferto particolarmente quella crisi perché la sua economia si basa soprattutto sul turismo e sulla distribuzione, settori particolarmente esposti ai cambiamenti economici nel breve termine. Solo nel 2009 i due settori hanno subìto una contrazione degli utili di oltre il 15 per cento. Da allora il debito pubblico è cresciuto a dismisura ed è arrivato ultimamente a 262 miliardi di euro. Nel 2004 era di 168 miliardi.
I conti truccati
Ma questa è solo una piccola parte della storia. La Grecia, e di conseguenza tutta l’eurozona, si trova in questa situazione perché negli anni scorsi ha truccato i suoi conti – e di molto – per rientrare nei parametri previsti dal Trattato di Maastricht e di conseguenza per entrare nell’euro, valuta che ha adottato nel 2001. Una prima ammissione c’era stata già nel 2004, quando il governo greco affermò di aver barato per entrare nell’euro: il suo rapporto deficit/PIL non era mai stato sotto il 3 per cento sin dal 1999, il tetto massimo richiesto dalle regole comuni europee a salvaguardia della stabilità della moneta unica.
Non solo. Dopo la fine della legislatura guidata dal partito di centrodestra Nuova Democrazia, nel 2009 il nuovo premier eletto George Papandreou (PASOK, socialisti) ha annunciato che i conti erano stati ulteriormente truccati dal precedente governo e che per quell’anno il rapporto deficit/PIL si sarebbe attestato intorno all’enorme cifra del 12 per cento. In realtà poi sarebbe arrivato addirittura al 15,4 per cento, ha detto il direttore dell’istituto nazionale di statistica greco, che per questo è stato incriminato e accusato di avere falsato le stime. L’istituto, simile alla nostra ISTAT, era stato completamente rinnovato e reso indipendente un anno prima, dopo decenni di rapporti inaffidabili e condizionati dalla classe politica.
All’inizio del 2010, poi, è venuto fuori che dal 2001 la Grecia avrebbe pagato milioni di dollari a Goldman Sachs e ad altre banche di investimento perché queste mascherassero la quantità di denaro che richiedeva in prestito dai mercati. Lo scopo era semplice: ricevere sempre più denaro in prestito per sopperire alle spese, alzando però in questo modo il deficit e il debito e barando con l’Europa, mettendo così a rischio tutta la sua struttura politica ed economica per via del cosiddetto “contagio finanziario”.
Nel grafico i paesi più esposti al debito greco (fonte BBC)
Il crollo definitivo
L’inizio del crollo definitivo è avvenuto nel dicembre 2009, quando le agenzie di rating Fitch e Standard & Poor’s hanno declassato il debito della Grecia da A- a BBB+ (come successo recentemente all’Italia). Questi annunci hanno fatto crollare la fiducia degli investitori della Grecia, che così ha dovuto ricevere prestiti a tassi di interesse sempre più alti. Ancora pochi mesi e il rating è diventato “junk”, ossia “spazzatura”, quello dei paesi considerati ad altissimo rischio di fallimento.
Filed under: Economia, Lavoro, Manifestazioni, Parlamento Europeo