Da "Eleinda", un brano che celebra la Giornata internazionale della donna

Da Valentinabellettini
"Eleinda - Una leggenda dal futuro" lo definisco un romanzo fantasy-fantascientifico, ma chi lo ha letto sa che parla anche, anzi, soprattutto, di attualità, di quotidianità. Di noi. Quello che vi propongo oggi è un brano adatto all'occasione, perché spero possa essere il mio piccolo omaggio per celebrare la Giornata internazionale della donna.

Il drago si fermò davanti a un albero di mimose. In quello spazio di aperta campagna c’era un cancello, ma senza recinto; restavano solo le due enormi porte. La ragazza scese dal dorso della creatura e si avvicinò a quell’albero, accarezzandone i fiori delicati:
«Oggi è proprio l’otto marzo; queste mimose e questo cancello vuoto mi riempiono di tristezza.»
Eleonora ricordò le imprese per cui le donne si erano battute in passato: diminuzione delle ore lavorative, aumento dei salari, diritto di voto e parità dei sessi; aveva studiato di quando fu istituita la giornata internazionale della donna, cosa che era avvenuta giusto un anno prima di quell’evento shock del 1911. Quel
cancello solitario, infatti, le ricordava l’incendio della fabbrica di New York, che aveva provocato la morte di centoquarantasei operai, la maggior parte donne, questo perché i proprietari della fabbrica avevano, com’erano soliti fare, chiuso a chiave le operaie per paura che rubassero o facessero troppe pause; al momento dell’incendio si erano portati in salvo senza pensare di liberarle.
«Purtroppo il passare del tempo ha cancellato il vero significato di questa festa.» Eleonora si avvicinò al cancello e osservò le aste arrugginite, afferrandole. «Perché non le hanno liberate? Perché siamo così egoisti?»
Indaco si avvicinò alle mimose per spezzare un fragile rametto con i suoi denti aguzzi.
Eleonora si voltò verso di lui e si ritrovò a prendere quel rametto fra le mani.
«Questo è per te, Eleonora, coraggiosa paladina della giustizia. Sei l’equivalente femminile di quello che i miei avi definivano “cavaliere”.»
Con gli occhi lucidi, sorrise, poi si sistemò il ramo fra i capelli dietro l’orecchio. Si avvicinò al muso del drago, che nel frattempo aveva chinato il testone verso di lei, in segno di rispetto, come durante un’investitura. Eleonora allungò le mani sulle estremità del muso toccandolo con le dita scoperte dai guanti; il fenomeno dermatologico si attivò sulle mani, così come sul fragile capo quando lo appoggiò sulla fronte dell’amico.
Una lacrima cadde, confondendosi nella rugiada.
Brano tratto da "Eleinda - Una leggenda dal futuro" (Nulla Die Edizioni)