I bambini fanno do
Attraverso la loro ricerca della verità ci accorgiamo di aver vissuto in una società che ha celebrato la plastificazione del proprio corpo, negando il tempo che scorre e mettendo al rogo la vecchiaia e la morte:” le donne sono tutte trentenni, cagionevoli e molto appuntite, hanno tutte molto caldo, perché sono sempre nude, gli uomini arrivano a quarant’anni e poi spariscono, eccetto quelli in politica”! Cancellare i segni del tempo sul viso, sul corpo può dare l’impressione di arrestare il tempo, di metterlo in pausa, ma in tal modo si elimina anche il concetto di tempo, che sparisce non solo dalla faccia, ma, anche dall’anima. Invecchiare e morire sono un diritto, e questo è molto politico.”
Ai bambini è negata l’esperienza della fine. Trovare le risposte appare frustrante eppure la nostra vita quotidiana è piena di morte, il cerchio della vita si conclude con essa e fortifica chi rimane. La fragilità , la sofferenza, la contingenza e la morte, come la sconfitta sono stati esclusi dal quadro mentale degli uomini contemporanei, sono fonte di frustrazione e di vergogna. Sono avvenimenti secondari che divengono estranei. Temi proibiti e difficile. Gli stessi adulti hanno paura a trattare queste argomentazioni, come se fossero impreparati. Nessuno la racconta davvero e ti coglie sempre di sorpresa, come se l’infelicità, la malattia, la morte, il dolore fossero un imprevisto, un’eccezione, un capriccio del destino anziché la sorte che tutti ci accomuna. Bisogna ripartire da quello sguardo infantile che guarda la morte cercando in essa la spiegazione della vita. Funerali e malattie, insuccessi e sconfitte, se osservati e vissuti con dignità e condivisione, diventano occasioni imperdibili di crescita, di allegria, di pienezza. Perché se non c’è peggior angoscia della solitudine e del silenzio, non c’è miglior sollievo che attraversare il dolore e trasformarlo in forza che divine uno sguardo di pienezza e di naturalità racchiuso in quel congedarsi dalla vita nel modo migliore possibile.
“La preoccupazione per la propria immagine, è questa la fatale immaturità dell’uomo. E’ così difficile essere indifferenti alla propria immagine. Una tale indifferenza è al di sopra delle forze umane. L’uomo ci arriva solo dopo la morte”. Milan Kundera