Quando a comandare è la donna
Tre libri, uno una rarità, tre percorsi diversi tra loro ma tutti e tre nel segno delle cuoche chef
Nessun problema invece per acquistare gli altri due, sono usciti nel corso del 2012. Uno porta la firma di Licia Granello e l’altro di Gabrielle Hamilton. L’inviata di Repubblica ha scritto, per Rizzoli, Il gusto delle donne, “Il mestiere della tavola in venti storie al femminile”, il volume della chef del Prune a New York, Sangue, ossa e burro, è arrivato invece in Italia grazie a Bompiani.
A leggerli, soprattutto i primi due, si ha la conferma di quanto la donna sia in fondo assente a livello di prima fila o presente in maniera marginale, percentuali a una cifra. L’uomo primeggia e fa il pavone prendendosi anche meriti che apparterrebbero alla coppia, la donna sgobba nelle retrovie o sorride in sala o è angelo di un focolare che non è solo quello di casa. Ventun nomi Chiodi, venti la Granello e anche se sono il frutto di scelte di merito, non è che hanno dovuto comparare centinaia, migliaia di nomi come invece sarebbe a livello di colleghi uomini. Mosche bianche, tant’è vero che, per dirne una, esistono associazioni come le Donne del Vino per celebrare le migliori e levarle da mortificanti coni d’ombra, ma non il corrispettivo maschile.
Un quarto di secolo fa Chiodi si chiedeva “quante donne, quante donne chef riporta la storia della nostra gastronomia? Invero poche. Nei libri importanti del nostro patrimonio gastronomico rinascimentale la donna non appare mai”. L’autore incontra le prime dopo la fine della Seconda guerra mondiale grazie alla “Cesarina, cuoca bolognese di fama”, quindi, Anni Sessanta, Mirella Cantarelli a Samboseto vicino Parma. Oltre ancora ecco Pina Bellini, della Scaletta a Milano, e Lidia Alciati “a Costigliole d’Asti, moglie del celebre Guido”. Ma chissà poi perché né alla Bellini né all’Alciati dedica un capitolo quando a metà anni Ottanta non appartenevano certo al passato come oggi, loro ormai salite in paradiso, capita con alcune stelle di allora, vedi ad esempio Amalia Ridolfi a Falconara (Ancona) e Dina Biagi a Casalecchio (Bologna) oppure Mary Barale a Boves (Cuneo), Nadia Moroni e Dorina Chionna a Milano che da poco tempo hanno scelto di godersi la loro terza età.
Le donne della Granello invece non sono solo cuoche, anzi sono una minoranza, giusto tre ma stellari: Annie Feolde (Enoteca Pinchiorri a Firenze), Nadia Santini a Canneto (Mantova), Luisa Valazza a Soriso (Novara). Livia Iaccarino a Sant’Agata (Napoli) e Maida Mercuri a Milano invece sono regine della sala e della cantina. Santini e Valazza sono anche nel libro di Chiodi, segno di una classe che dura nel tempo.
Potremmo discutere se alcune altre sono l’autentico motore dell’azienda come una Giannola Nonino in Friuli o una Josè Rallo in Sicilia, autentici giganti imprenditoriali, ma la sostanza non cambia. Essere donna, sul lavoro non aiuta e in cucina ancora meno. Se vi fossero dei dubbi, basta leggere Sangue, ossa e burro, sottotitolo “L’educazione involontaria di uno chef”, chef donna trattandosi di Gabrielle Hamilton del Prune. Quantacinquenne, ha riversato la sua vita in 400 pagine. Da leggere per capire quanto in salita è la strada per una donna chef.
Paolo Marchi