Il cargo Savina Caylyn
“Aiutateci, ci stanno torturando”. È il drammatico appello in diretta alla trasmissione “Chi l'ha visto?” dei marinai italiani del cargo Savina Caylyn sequestrato dai pirati somali l’8 febbraio. “Stiamo morendo, aiutateci”, ripete Antonio Verrecchia, direttore di macchine, descrivendo le terribili condizioni in cui sono costretti a vivere.Condizioni che sono ancora più dure per gli altri marittimi italiani che sono stati trasferiti sulla terraferma e che rischiano di essere usati come scudi umani: Giuseppe Lubrano Lavadera, di Procida, Crescenzo Guardascione, terzo ufficiale di coperta, di Procida e Gian Maria Cesaro, allievo di coperta, di Piano di Sorrento. Dalla Somalia è arrivata anche un‘altra testimonianza : “Quando si avvicinano le unità militari in pattugliamento, specialmente gli elicotteri, i pirati si innervosiscono e per noi si fa ancora più dura”, ha detto il primo ufficiale di coperta della petroliera sequestrata.
La telefonata in diretta a “Chi l’ha visto” ha di nuovo posto in evidenza il problema della pirateria. Alla luce di questo sequestro il tentativo di fornirci una chiave di lettura della attuale situazione geopolitica della moderna pirateria che ogni anno colpisce più di 17mila navi dal SudEst asiatico al golfo di Aden. Fonti giornalistiche hanno stimato che nel suo complesso la pirateria abbia un costo – compreso quello notevolissimo del pattugliamento marittimo di tutte le Marine impegnate – di dodici miliardi di dollari all’anno. Spesa che grava per gran parte sulle tasche dei consumatori finali perché se aumenta l'onere del trasporto, aumenta anche quello delle merci che per il 90% viaggiano via mare. Senza considerare le possibili ripercussioni sul prezzo del greggio.
Dalla Somalia all’Indonesia: ecco le rotte marittime battute dai pirati
Otto navi e 638 uomini nelle mani dei pirati. E se i numeri fin qui indicati descrivono un fenomeno evidentemente redditizio e in costante aumento, – al 31 dicembre 2010 le navi sotto sequestro attribuite ai pirati somali erano 28 – non mancano i risvolti drammatici, dati dall’impressionante numero di persone, per lo più membri degli equipaggi, tenuti prigionieri: 638 uomini delle più disparate nazionalità. La stessa sorte, per intenderci, toccata quest’anno ai 6 italiani e ai 15 loro colleghi imbarcati sulla Rosalia e ai 22 marinai tra cui 5 connazionali che lavoravano a bordo della Savina.
Dal Bangladesh all’Indonesia. Non solo Oceano Indiano. Scorrendo le carte si scopre infatti che un altro luogo nel quale è bene che chi incrocia non abbassi mai la guardia è la zona compresa tra il Sud dell’India e il Bangladesh dove i filibustieri hanno messo a segno 23 assalti più cinque a ridosso del continente. Ma il record negativo dell'area lo detiene l'Indonesia, con attività piratesche di nuovo in crescita dopo che fino al 2009 il fenomeno era in forte diminuzione. Nell’ultimo anno l’inversione di tendenza e gli assalti registrati salgono da 15 a 40.
Nave militare scorta un cargo speciale
Il triangolo caldo del mare del Sud Cina. Per trovare un altro teatro bollente basta spostarsi verso Nord-Est, nel mare del Sud della Cina, vale a dire nel triangolo compreso tra le Filippine (5 assalti nell'ultimo anno), la Malesia (18) e il Vietnam (12). Nelle acque territoriali del continente cinese invece l'attività dei bucanieri è in sensibile aumento: 31 nell'ultimo anno contro i 13 del precedente. Attacchi repentini e meno pretenziosi, spiegano gli addetti ai lavori, mirati al saccheggio e al furto. Tutt'altra storia rispetto ai sequestri delle navi, ormai in voga da cinque o sei anni in qua nell'ampia area dell'Oceano Indiano. Escono invece dal novero dei teatri più a rischio Singapore e lo stretto di Malacca, interessati da importanti rotte commerciali, un tempo famigerati, ma interessati negli ultimi anni da una costante diminuzione degli abbordaggi contro cargo in transito.Randagio Blogini