La vicenda affonda le radice nel 2004 quando il professionista, a seguito della conclusione del contratto di fornitura della linea telefonica e del servizio internet con una compagnia di telefonia privata, ha cominciato a beneficiare dei relativi servizi divulgando, in particolare, l’indirizzo di posta elettronica (sia nella carta intestata, sia via e-mail) a colleghi, clienti e uffici pubblici. Cinque anni più tardi la compagnia telefonica proponeva al professionista – circostanza questa frequente sia nelle le realtà imprenditoriali e professionali, sia nel privato – una modifica al contratto di fornitura dei citati servizi (da contratto a consumo, a contratto con canone fisso) e maggiori velocità di traffico dati.
Il professionista, a fronte dei vantaggi rappresentatigli, aderiva alla offerta commerciale non prima, però, di aver ricevuto conferma dalla compagnia telefonica che tali modifiche non comportassero variazioni ai recapiti telefonici, fax e e-mail in uso da un lustro e ampiamente diffusi nel contesto sociale e professionale di zona. Nonostante le – ovvie e scontate – rassicurazioni ricevute, subito dopo il passaggio al nuovo piano tariffario accettato, l’accesso alle caselle di posta elettronica usate in studio risultava inibito. Solo dopo le segnalazioni al centro servizi e le numerose doglianze rivolte all’ufficio reclami, veniva riferito al professionista che la nuova linea ad alta velocità non era in grado di supportare le vecchie caselle di posta elettronica, di talchè tutte le caselle e-mail erano state soppresse dal gestore senza fornire preavviso alcuno al cliente.
Dopo tre mesi il gestore riattivava una delle tre caselle di posta elettronica in uso nello studio del professionista che, nel frattempo, aveva attivato un nuovo account di posta elettronica per consentire la prosecuzione dell’attività. Per tale disservizio e per il ritardo dell’intervento di parziale ripristino, il professionista, previo infruttuoso tentativo obbligatorio di conciliazione presso il CORECOM, dava corso a giudizio nei confronti del gestore telefonico chiedendo il risarcimento dei seguenti danni patiti per:
- il ritardo della riparazione del guasto rispetto agli standard previsti nel contratto di abbonamento;
- la sospensione del servizio di posta elettronica;
- la mancata tempestiva lettura e risposta dei messaggi e mail inoltrati alla casella e mail durante tutto il periodo di soppressione della stessa protrattosi per oltre tre mesi;
- la rifusione delle spese sostenute dall’attore per il rifacimento di carta intestata a seguito del mutamento degli indirizzi di posta elettronica e per il costo di intervento di un tecnico informatico per configurare un nuovo account di posta elettronica nei pc del proprio studio professionale.
Il Giudice di Pace, appurata la negligenza del gestore sia nel proporre un servizio incompatibile con le esigenze dell’utente, sia nell’inadeguato e intempestivo intervento riparatorio, ha preliminarmente disatteso le tesi difensive del gestore della telefonia (dirette a limitare il danno risarcibile all’ammontare di 5,00 € al giorno sino al massimo di 100,00 €) qualificando, ex art. 1229 c.c., nullo ogni patto teso a limitare la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave sulla scia della consolidata giurisprudenza che considera gli indennizzi forfettari per i disservizi del concessionario telefonico mere agevolazioni per l’utente che mantiene, però, integro il suo diritto a chiedere l’accertamento della responsabilità per inadempimento del concessionario e la sua condanna al risarcimento.
Le richieste attoree, all’opposto, sono state considerate invece meritevoli di accoglimento con la precisazione che:
- risultava provato e documentato un ritardo nella riparazione del guasto di due caselle e-mail protrattosi per complessivi 214 giorni lavorativi, con conseguente diritto a un risarcimento giornaliero pari a € 5,00 come previsto dall’art. 4 Carta dei Servizi dell’operatore telefonico, paragrafo “Servizio ADSL Business” (adottata in ottemperanza dell’art. 11 del d.lgs 286/1999);
- risultavano provati e documentati tanto l’arbitraria soppressione delle caselle di posta elettronica precedentemente in uso dal professionista, quanto il ritardo nella riattivazione di una (delle tre) casella di posta elettronica protrattosi per 56 giorni, con diritto a un risarcimento giornaliero, ex art. 4 Carta dei Servizi dell’operatore telefonico, paragrafo “Servizio ADSL Business”, pari a € 5,00;
- risultava provata e documentata la sospensione per 158 giorni di altri due indirizzi di posta elettronica in uso nello studio, con conseguente applicazione dell’art. 4 della Carta dei Servizi dell’operatore telefonico;
- risultavano provati, infine, quale conseguenza diretta e immediata dell’inadempimento del gestore, sia la necessità per ragioni professionali di richiedere l’intervento di un tecnico per l’attivazione di indirizzi di posta elettronica alternativi, sia l’invio da parte di clienti e colleghi – nel periodo di disservizio – di un centinaio di e-mail delle quali diverse contenenti informazioni tali da comportare errori professionali con ricadute a livello disciplinare e di responsabilità professionale verso il cliente. Sul quantum del risarcimento, considerato che ben maggiori danni sono stati scongiurati a seguito della diligenza del professionista, il Giudice di Pace ha fatto ricorso a valutazioni di tipo equitativo anche basandosi sulla scorta di precedenti giurisprudenziali.
A chiusura del presente articolo, si coglie l’occasione fornita dalla significativa pronuncia per porre attenzione alla recente delibera n. 73/11 dell’Autorità Garante delle Comunicazioni che ha adottato, con decorrenza dall’1 gennaio 2012, il nuovo regolamento in materia di indennizzi con previsione degli importi da riconoscere agli utenti in caso di disservizi.