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Da Sarah a Yara, le trame criminali della realtà che supera la fantasia. E sui “terrori” secondo Ludwig Wittgenstein.

Creato il 21 giugno 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
20101205_yara_jpg_pagespeed_ce_DZe86hUKRQdi Rina Brundu. Ci sono prospettive di visione multipla anche delle tragedie, delle grandi tragedie come quelle che hanno avuto per protagoniste Sarah Scazzi e Yara Gambirasio. Colpisce la complessita della trama criminale e il suo divenire. Nel caso Scazzi il “tocco” era sostanzialmente shakesperiano con gli antieroi semplici e ad un tempo complicati, votati alla menzogna per necessità e destino. Nella storia di Yara Gambirasio impressiona la “qualità” tecnica di una trama unica degna della più ispirata mente creativa e tuttavia mai pensata prima.

È indubbio per esempio che le analisi scientifiche abbiano fatto molto di più del dare un nome a Ignoto1 l’orco assassino che ha stroncato la vita della sua giovane vittima in maniera agghiacciante. Sorprendono, meravigliano le vicende dimenticate, le menzogne coperte dal velo pietoso del tempo trascorso e che pur affiorano con grandiosa determinazione dal passato remoto, dalle nebbie spesse della nostra Italia provinciale. I vecchi peccati gettano lunghe ombre e si ripropongono dotati di una carica distruttiva impensata e impensabile, mentre le tragedie diventano multiple e riguardano le vite di infiniti altri individui.

Riguardano le vite dei componenti della famiglia Guerinoni, vite estranee ai fatti criminali contestati ma pur sempre sconvolte dall’apprendere del nuovo apparentamento con un uomo che potrebbe essere un pericoloso killer; riguardano un padre malato che ha allevato due figli per quarant’anni come fossero i suoi salvo scoprirli di un altro in circostanze drammatiche; riguardano una giovane donna che si ritrova senza famiglia all’improvviso e forse gemella di un criminale; riguardano una moglie e dei bambini innocenti che hanno perso il padre dall’oggi al domani, si ritrovano loro stessi perduti senza colpa alcuna.

E riguardano la vita di Ester Arzuffi, la madre, donna tutta d’un pezzo determinata a salvare la facciata del suo perfetto mondo antico a tutti i costi, negando l’evidenza se necessario, il deus ex-machina che suo malgrado “sa” e che, qualora l’accusa mossa a Giuseppe Massimo Bossetti di essere l’assassino di Yara fosse confermata, ha sempre saputo. Forse non sempre ma certo dal momento in cui si era diffusa la notizia che l’uomo ricercato dalle forze dell’ordine era figlio illeggittimo di quel Giuseppe Guerinoni figura molto presente nella sua gioventù.

I “rumours”, il gossip, i pettegolezzi, i dettagli dimenticati, i particolari scabrosi sussurrati e inconfessabili che circondano questa tragedia di ogni tempo sembra di coglierli, invece, nel sottofondo. Alla distanza paiono conciliaboli di formiche impazzite e mettono terrore addosso. Diceva Ludwig Wittgenstein: “In una giornata si possono vivere i terrori dell’inferno; di tempo ce n’è più che abbastanza”. Così è accaduto per Yara e ad infinite altre vite spezzate, da mostri.

Featured image, Yara.


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