"Gli spettatori sono sempre più attratti dai canali di informazione perché corrispondono al bisogno di costruire il proprio palinsesto al di fuori di orari e schemi prestabiliti. Chi ci guarda sa che allo scadere di ogni ora trova un Tg aggiornato ma anche una scaletta non prevedibile, sequenze di servizi spesso dettate più dal succedersi degli eventi che da una gerarchia definita a tavolino. E proprio questa uscita dalla ritualità comunica al telespettatore un senso di maggiore libertà, di sguardo sulla realtà nel suo farsi" dice la Maggioni, da sei mesi direttore di Rainews24.
Gli ascolti? "Il 28 aprile, giorno del giuramento Letta e dell'attentato a Montecitorio abbiamo avuto 5 milioni 692 mila contatti", ricorda la Maggioni, in attesa delle sinergie del nuovo portale Rai: "E' un modo per costruire un circuito all'interno del quale i nostri utenti avranno la certezza dell'informazione in tempo reale su tutte le piattaforme. Potranno vederci sul canale 48 del digitale terrestre, consultare il teletext, navigare nel nostro sito che avrà un altissimo livello di interattività".
Velocizzando Rainews24 che già si basa "sull'idea di voler informare per primi, quasi in tempo reale, facendo vivere agli spettatori l'emozione della diretta, dell'essere sul posto, ma dando loro, altrettanto rapidamente il contesto e gli strumenti di decodifica di quello che sta accadendo. Allo scadere di ogni ora parte un nuovo Tg, spesso attraversato dalle dirette, mentre nella seconda parte dell'ora l'attenzione è per gli approfondimenti".
Uno stile mutuato dalle reti anglosassoni. "I canali all news internazionali sono stati il nostro riferimento nell'operazione di restyling appena iniziata: soprattutto per chi fa tv, la forma è un elemento essenziale del racconto. Forma significa studio, volti, grafica e identità visiva del canale. E poi Rainews è un canale che dà spazio ai giovani, molti già ci sono e altri ne arriveranno".
Le priorità di Rainews24? "Teniamo in gran conto le vicende italiane ovviamente, il dibattito politico, i fenomeni culturali e sociali, si cerca di raccontare pezzi di società spesso trascurati, ma al tempo stesso si ha un'attenzione assoluta al mondo. Vedere i volti dei ragazzi di Gezi Park o sentire nella notte del Cairo le voci di protesta dei Fratelli musulmani, è il modo migliore per rendere il senso della complessità dell'epoca in cui viviamo. Negli ultimi anni ho vissuto molto più tempo all'estero che in Italia e, forse per questo, i miei modelli di riferimento tendono a non essere quelli italiani. Per me il racconto del mondo è imprescindibile e sono convinta che sia l'unica vera prospettiva in cui inserire anche ciò che accade nel nostro Paese".
Intervista di Leandro Palestini per "La Repubblica"