Ieri c'erano quattordici gradi e sembrava quasi primavera.
C'era quel sole e l'infinito davanti. Il verde. Il colore della terra. Il silenzio che è un suono nuovo perchè la natura suona musiche diverse.
Era quel sole che nutre, era quello di cui avevo bisogno.
Non so quanto durerò. Non so per quanto saprò godermi questo isolamento.
C'è da dire che per ora non mi sono ancora lamentata della nebbia e del traffico per entrare in città. Per ora non ho ancora provato a tornare a casa dopo una serata con le amiche. Dover prendere la macchina sempre, io che ero quella che si muoveva in bici.
Per ora ho ancora le chiavi della vecchia casa e per un mese potrò andare quando voglio a guardarmi quei tetti così affascinanti, così pieni di vita, così belli. Proprio come la vista ininterrotta dei campi, delle linee dolci e naturali dei colli.
Così totalmente diversa.
Non posso scegliere.
Una è la mia vista di sempre. Io, topo di città, che mai in trentun anni ho vissuto fuori da un centro città.
L'altra, da topo di campagna, è la vista nuova di cui avevo smania.
Del resto la morale della favola sosteneva che è meglio una vita semplice e tranquilla che una piena di ricchezze ma vissuta con ansia e preoccupazioni.
Vedremo, caro vecchio Esopo.
Forse la tanto decantata decrescita felice esiste. Unica e soggettiva. C'è quella di Tizio e quella di Caio.
Forse mi piace sapere che volendo posso indossare gli stivali da pioggia e andare in giro per i campi, all'aria aperta. Forse mi piace sapere che in bici posso fare mille stradine diverse, all'aria aperta.
Forse mi piace sapere che non ci sono muri ovunque.
La città da quando sono una lavoratrice, e pure madre, è davvero faticosa. Le passeggiate per le piazze che tanto adoro vanno programmate e gli aperitivi non sono proprio tutti i giorni, perchè il tempo per te va rubato e cercato, non c'è semplicemente così, quando lo vuoi. Lavori, corri a prendere il pargolo, magari c'è nuoto, magari vai direttamente a casa ma ci vogliono una media di venti minuti per trovare un parcheggio, arrivi a casa con le solite mille borse e borsette e voglio vedere se hai voglia di convincere un figlio a fare un giro in centro. Adesso mio figlio vive fuori, nel fango, e Nina, o per gli amici #gattominchia, è diventata ufficialmente un felino. E siamo tutti molto fieri di lei. Credo sia la più felice di tutti.
Non è che me la stessi proprio vivendo la città negli ultimi anni. Non al massimo insomma. Non come quando studiavo e vivevo come una ragazza che si sente donna.
Però quella vista. E le luci.
Ieri sera invece c'erano tante, ma davvero tante stelle.
Sto cantando vittoria troppo presto? Dite che alla prossima nebbia verrò qui a lagnarmi? Beh, spero di no, ma se fosse, statetene certi.