Chiedo ai miei quattro o cinque lettori effettivi di aver pazienza e di accettare una composizione di questo post in progress: è rimasto in bozza il resoconto della manifestazione di ieri, alla quale posso dire di aver partecipato da protagonista e la cui pubblicazione dovrò posticipare. Non è stato tuttavia un male, in questo caso, salvare in bozza, perché tutte le dichiarazioni che ho sentito sono minacciose:
Avrei dunque voluto giungere questa mattina puntuale a palazzo
Mentre parlava i miei occhi andavano a due lapidi in bella evidenza sul muro davanti a me, una a sinistra, l’altra a destra. La prima diceva che in quella sala si erano riuniti i parlamentari aventiniani dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, attribuito al fascismo. Oggi –
Dico subito e senza mezzi termini che non ho apprezzato concettualmente nessuno dei discorsi che ho sentito. E si badi bene: non perché essi dovessero essere da me condivisibili, ma perché proprio mancavano quelle caratteristiche di qualità che possono farci apprezzare la logica stringente e le motivazioni, la forza, di un discorso anche del nostro più acerrimo avversario, di cui in qualche maniera possiamo apprezzare e riconoscere la grandezza, senza nessuna di quella “invidia” che uno degli oratori si era inventata proprio di sana pianta: nessuno più di me avrebbe voluto riconoscere come forti e fondati i loro discorsi o interventi. La delusione è stata totale: tutto qui!
A cosa alludo? Ad un incredibile discorso di un incredibile personaggio, il quale con saccente erudizione pretendeva di sostenere che gli «antisemiti», che non si bene chi e cosa siano, odiano gli ebrei, perché in fondo l’«ebreo» è… dio stesso. Mi veniva da obiettare: e chi non è ebreo non è dunque dio? Poi proseguiva in una affastellamento di assurdità e sciocchezze, attribuendo ai non ebrei, “antisemiti”, un invidia di fronte al “fascino” della donna ebrea… Ed io avevo di fronte a me Fiamma Nirenstein, ed accanto altre signore, che mi ero messo a guardare discretamente… Beh! Non voglio esprimermi, per decenza, ma l’oratore aveva lui introdotto questo argomento, che io non proprio mai affrontato o considerato anche lontanamente. Di professione questo signora pare faccia lo psicanalista: son fatti tutti così. Si finisce sempre a donne, se non addirittura a puttane. Gli altri discorsi uditi non si distinguevano di molto in meglio. Se sarà disponibile la video registrazione, mi riservo una maggiore
Ho notato alcuni passaggi mediatici. Il dato più importante dell’inchiesta sarebbe che il 44 per cento degli italiani a domanda avrebbe risposto che non prova “simpatia” per gli «ebrei». Beninteso, senza che agli intervistati sia stata prospettata la differenza fra “ebrei”, “giudei”, “sionisti”. È da chiedersi quanti di noi provano “simpatia” o “antipatia” per zingari, siciliani, calabresi, albanesi, testimoni di Geova, luterani, ecc. E quale senso scientifico e sociologico possa avere una simile inchiesta. Ma il dato allarmante, che appare ad esempio nella copertura stampa di “Repubblica”, è che il 44% di “non simpatia” diventa “ostilità”. È una forzatura notevole. Mi chiedo quanto deliberata e consapevole. Se mi fosse stato possibile rivolgere una domanda ai convegniti, avrei chiesto loro se vogliono mandare in galera il 44% per cento degli italiani.
Altra domanda che avrei voluto fare è se tutti questi loro affanni non mirino ad avere anche in Italia quelle 200.000 persone che io stimo penalmente perseguiti dal 1994 ad oggi nella sola Germania per meri reati di opinione. Se va da 8 o 12 anni di carcere, per avere scritto un libro, a 9 mesi, per averlo soltanto letto e prestato. La casistica e la migliore conoscenza di questi dati sarei istruttiva. Ma questi signori che tanto parlano di diritti umani, libertà, dignità, valori, ecc. si guardano bene dal fornirci questi dati. A loro preme stabilire essi i contenuti di una conoscenza che sono loro possono dare e che non è possibile contraddire. Era presente mons. Fisichella. Davanti a lui vi sarebbe poco da discutere su dati della fede cattolica: o uno ci crede o non ci crede. Ma i dati di ragione, il vero ed il falso, possono qui risultare solo dal dibattito e dal contraddittorio. Se dibattito e contraddittorio sono preclusi per legge, se si va in galera solo a fare certe affermazioni, ecco che quella della Shoah diventa una sorta di nuova religione, ben più dogmatica ed oppressiva di quanto non sia stata la fede cattolica imposta con l’Inquisizione. In effetti, nei vari interventi è emerso che si tratta dell’imposizione di una nuova religione con mezzi legislative e con l’inflizione del carcere ai renitenti.
Lo squallore finale è stato toccato dalle conlcusioni della signora Nirenstein, la quale ha sostanzialmente detto, in una forma invero alquanto sghangherata, che loro che stanno in parlamento, solo per il fatto di essere in parlamento, sono l’eccellenza di tutto la nazione, non si sa bene se quella italiana o quella ebraica. Sono i più intelligenti. Amen!
Appena uscito dalla porta centrale del palazzo di Montecitorio vedo davanti a me un piccolo capannello di persone. Era Antonio Di Pietro, che rilasciava un’intervista davanti a microfoni. Mi avvicino in spazio aperto per vedere e sentire. Pensavo perfino di chiedere a Di Pietro cosa ne pensasse lui all’idea che i nostri tribunali e le nostre carceri dovesse essere ingolfati con i 200.000 casi della Germania, se un’eguale normativa dovesse coronare gli sforzi della signora Nirenstein. Ma ero giunto quando Di Pietro rispondeva sulla guerriglia urbana di sabato pomeriggio. Lui, che era stato magistrato, faceva intendeva che punire per semplici danneggiamenti i manifestanti del sabato sarebbe stata cosa lievi. E lasciava sempre intendere che bisognava inasprire le pene esistenti. Io ebbi fra di me un sussulto che non sono stato capace di contenere, e mi è uscito dal petti: “Dunque, la fucilazione?!” Credo che la cosa sia stata notata da Di Pietro, con il quale avrei voluto trattenermi un poco, per porgli domande da semplice cittadino, che era per giunto stato per quasi tutto il tempo alla manifestazione del sabato. Ma l’on. Di Pietro deve aver subodorato che non ero un suo fan. Ed ha preferito negarsi al cittadino tanto quanto invece era disponibile allo schermo televisivo. Non ho insistito, sapendo che possono esservi rischi ad infastidire i nostri deputati. Un’altro quesito che avrei voluto porre all’Onorevole era se avesse mai considerato che il mito della rappresentanza politica è giunto al suo epilogo finale. Ciò che vogliono e chiedono i cittadini del 15 ottobre è di liberarsi di Lor Signori e del tipo di democrazia che credono di impersonare, obbligandoci ogni cinque a mettere un segno di corce su una scheda e poi voltandoci le spalle, se appena ci azzardiamo a porre loro una domanda.