Dagli avvocati! La riforma delle professioni e i decreti emanati non hanno risolto i problemi.

Da Maurizio Picinali @blogagenzie

Nonostante da Gennaio dello scorso anno, su espressa sollecitazione del presidente dell’antitrust, Giovanni Pitruzzella il Governo tecnico abbia varato il Dpr 137/12 tentando di mettere mano alle norme sulle libere professioni, per togliere gli atavici privilegi a favore delle categorie professionali e dare maggiori impulsi di concorrenzialità, si registrano ancora atteggiamenti penalizzanti per i consumatori. Infatti i tribunali d’Italia nonostante la crisi precettano pagamenti di parcelle che risultano quattro volte superiori al minimo tariffario. E lo fanno perché le parcelle vengono opinate (vuol dire autorizzate e considerate congrue) dagli organi preposti a valutare la congruità dei compensi e delle spese richieste dal professionista. Lo riferiscono molti lettori che soprattutto alle prese con gli avvocati (categoria leader mondiale di densità e la più diffusa anche in Italia) si vedono arrivare gli ufficiali giudiziari che notificano atti di precetto con i quali sono obbligati a pagare conti pesantissimi per prestazioni legali che, il più delle volte, hanno a riferimento cause perse, che non hanno quindi prodotto incassi sperati. Si direbbe appunto oltre il danno anche la beffa! Ma il fatto più eclatante è considerare che a valutare le parcelle degli avvocati (così succede anche per le altre professioni riconosciute come commercialisti, giornalisti, ingegneri, architetti e geometri) sono gli stessi avvocati. Mancando quindi quella imparzialità che un organo esterno o comunque “misto” potrebbe garantire. La riforma, tanto sbandierata mesi fa, puntava a mettere mano alla deontologia e ai procedimenti disciplinari. L’obiettivo dell’antitrust di sottrarre la funzione disciplinare agli Ordini, imponendo l’ingresso nei “tribunali disciplinari” anche di professionisti non iscritti agli albi e, nei consigli locali, degli iscritti ad albi diversi da quello territoriale di competenza è fallito. E quindi milioni e milioni di consumatori si trovano ancora oggi a confrontarsi con 1 milione e 100 mila professionisti sempre più agguerriti e decisi a mantenere le posizioni di “casta chiusa” e privilegiata.
Nell’epoca della meritocrazia e dei “Governi del fare” convivono ancora attività che, nonostante i risultati, si vedono riconoscere non solo le spese sostenute (e per i consumatori ritenute sacrosante) ma i compensi come se perdere una causa, fosse un merito. Passi questo concetto per i medici, per i giudici (sempre impuniti nonostante i referendum) e per coloro che sono obbligati a fare la prestazione richiesta, non si capisce come nel giudizio civile l’avvocato che sbaglia letteralmente la causa vada pagato e salatamente. E a nulla valgono a questo proposito le difese degli Ordini professionali quando affermano che queste situazioni possono essere analizzate e controllate dagli organi preposti perché finché questi “organi di controllo” sono fatti dagli stessi professionisti non ci sarà mai contraddittorio sereno e corretto. Ed il consumatore intanto paga o gli viene pignorata la casa … in nome della Legge! COMUNICATO ANAMA ROMA 21 gennaio 2013


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