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Dal 19 gennaio su Rai 1 "Braccialetti rossi", fiction per ridare la speranza (Corriere della Sera)

Creato il 08 gennaio 2014 da Nicoladki @NicolaRaiano
«Quando sento quel bip fisso, io lo chiamo il suono della fine: sta a significare che stai tra la vita e la morte». Rocco, un bambino di circa 8 anni, tra la vita e la morte ci sta da molti mesi: per una brutta caduta in piscina, è in coma e, come dice lui, «dormo sempre, anche quando è giorno e, da questo strano luogo da cui vi parlo, sento e vedo tutto, rido se c’è da ridere, piango se c’è da piangere, mi arrabbio, mi annoio...però nessuno lo sa». Rocco è la voce narrante di «Braccialetti rossi» la nuova serie in 6 puntate, prodotta da Rai Fiction e Palomar, in onda su Raiuno dal 19 gennaio con la regia di Giacomo Campiotti.
Una storia di amicizia e di speranza, di sogni e fiducia nel futuro, ma anche di malattia e sofferenza, ambientata in un ospedale pediatrico immerso tra gli ulivi e dove arriva il profumo del mare. Protagonisti sei ragazzini, ognuno con il proprio fardello fisico (dall’ingessatura per il banale incidente in moto al tumore alla tibia che comporta l’amputazione di una gamba, dalla bulimia all’anoressia...), ognuno con il proprio, a volte pesante, bagaglio familiare. I braccialetti del titolo sono quelli identificativi monouso dove viene impresso il gruppo sanguigno e la terapia del paziente. «Ma il braccialetto — osserva il direttore Rai Fiction Eleonora Andreatta — vuol dire condivisione, appartenenza; è l’insegna del gruppo, il simbolo che li unisce. E così, il segno di una condizione patologica viene rovesciato nel suo opposto: legame che apre alla vita e alla solidarietà del gruppo che rompe la solitudine e il dolore».
Il punto di vista di tutto il racconto è quello dei ragazzi «che non sono oggetto dello sguardo esterno degli adulti — continua la Andreatta — ma protagonisti a tutto tondo». E proprio a causa delle condizioni estreme in cui vivono, i sentimenti espressi sono più forti: «Tutto avviene come sotto una sorta di lente d’ingrandimento — spiega Campiotti che firma anche la sceneggiatura con Sandro Petraglia — e ciò che emerge è la forza e la serenità, direi la maturità con cui i ragazzi, molto più degli adulti, accettano le avversità: sembra incredibile, ma di fronte a certi grossi problemi, come quelli della salute, sono loro che sdrammatizzano. E l’ho capito frequentando nosocomi pediatrici per prepararmi meglio al progetto: ho conosciuto bambini malati che contagiano medici e infermieri con la loro spensieratezza».
Quasi cinque mesi sono durate le riprese, ma non si è trattato di una semplice esperienza di set. Racconta il produttore Carlo Degli Esposti che ha acquisito il format della serie in Spagna, ispirato a una storia vera: «Abbiamo affittato un intero residence, dove abbiamo convissuto: gli interpreti, le loro famiglie, gli autori, le maestranze... Tra i giovani attori, mai atteggiamenti competitivi». Giovani e alcuni di loro alla prima esperienza davanti alla cinepresa, scelti tra migliaia di aspiranti: Leo, il leader del gruppo, è interpretato da Carmine Buschini, Vale è Brando Pacitto, Cris è Aurora Ruffino, Davide è Mirko Trovato, Toni è Pio Luigi Piscicelli e Rocco, il narratore, è il piccolo Lorenzo Guidi. Tra gli adulti, Michela Cescon, Giampaolo Morelli, Carlotta Natoli e Laura Chiatti, che interpreta una delle mamme in corsia: «È stato uno dei ruoli più emozionanti che abbia mai interpretato — assicura l’attrice —. Sono stata travolta dall’energia dei ragazzi. Ragazzi con gli occhi spaesati di chi non sa dove si trova e al tempo stesso con un mostruoso talento dato dal puro istinto. È stato un arricchimento professionale e umano. Se un giorno dovessi scrivere un libro, parlerebbe di loro».
Ma è significativa anche la colonna sonora: 9 brani inediti si alternano a 5 successi noti al pubblico, interpretati da alcune star da Laura Pausini a Tiziano Ferro, da Emma a Emis Killa e Vasco Rossi. «Era necessario inserire della musica coinvolgente — chiarisce Campiotti — che sottolineasse certe situazioni e spezzasse la tensione del racconto. Perché le avventure di Rocco e degli altri — aggiunge — vogliono essere come quelle di una specie di “Ragazzi della via Pal”». Insomma «Braccialetti rossi», dove la percezione del dolore si pone in secondo piano rispetto alla voglia di vivere, tocca tutte le corde della commozione, perché «è soprattutto un grande romanzo di formazione contemporaneo — riprende la Andreatta — in cui la malattia è metafora del senso di disagio che caratterizza da sempre l’adolescenza. È una favola moderna che affronta temi forti, considerati tabù».
E al termine della prima puntata, il piccolo Rocco, disteso sul letto con gli occhi perennemente chiusi, conclude: «Vi raccontiamo l’amore e la paura, i litigi e le rappacificazioni... Tutto ciò che accade in quello strano, complicato posto che si chiama ospedale».
Emilia Costantiniper "Corriere della Sera"

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