Dal 2001 di Kubrick al 2010 di Hyams: gli Anni d’Oro della Fantascienza

Creato il 13 gennaio 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Sono stato tre giorni interi con il file word di questa recensione aperto in una finestra a cercare di scrivere qualcosa su 2001: Odissea nello spazio e 2010 - L'anno del contatto. Una specie di timore sacrilego anchilosava le mie dita. Principalmente: come fare a osannare correttamente il capolavoro di Stanley Kubrick del 1968? Del regista newyorkese non ho mai subito il culto della personalità e non ho mai avuto freni nel rigettarne le opere meno riuscite come Il bacio dell'assassino. Il mio umanesimo secolare d'altronde mi fa amare sempre più le opere che gli artisti. Ma di fronte a 2001 provo propriamente un irrazionale panico religioso. La prima volta che lo vidi mi scoraggiai pensando di non aver gli strumenti cinefili adatti a comprenderlo.

E ammetto che un po' di questa insicurezza si perpetua ad ogni rinnovata visione, come con nessun altro film succede. Allora ne ho recuperato il seguito cinematografico, 2010 - L'anno del contatto, cercando di imbastire un articolo che scorgesse i collegamenti e gli spunti esistenti tra le due pellicole. Una soluzione forse di comodo ma senza l'apporto del lungometraggio di Peter Hyams non avrei mai debellato questa ancestrale paura. Il fil rouge che collega queste due opere è la presenza dello scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke. Kubrick lo contattò dietro segnalazione di un amico dato che da qualche tempo l'idea di una vita oltre la Terra lo affascinava e gli pagò i diritti per il racconto breve The Sentinel. Avrebbe voluto sfruttarne anche Childhood's End (pubblicato in Italia con il titolo Le guide del tramonto), ma quel romanzo era già opzionato. Lo scrittore inglese allora, in continuo contatto con il regista e dietro suggerimento di quest'ultimo che non voleva una sceneggiatura, scrisse in contemporanea alla produzione del film omonimo il romanzo 2001: Odissea nello spazio. In questa maniera Kubrick aveva un corposo materiale da poter maneggiare a proprio piacimento e tolta la (per lui) noiosa fase della scrittura, poté nel corso degli anni concentrarsi sulla materializzazione visiva delle sue ossessioni fantascientifiche.

E quale fu il metodo rivoluzionario (per un film commerciale di tale produzione, le avanguardie fanno la storia ma sono i prodotti popolari che impongono le innovazioni, non si dimentichi) con cui Kubrick fissò su pellicola 70 mm l'idea di una vita extraterrestre? La risposta la fornisce lui stesso in una delle sue rare e controllate interviste: "Ci sono certe aree di sensazione e realtà che sono particolarmente inaccessibili alle parole. Forme di espressione non verbale come la musica e la pittura possono arrivare a queste aree, ma le parole sono una terribile camicia di forza. È interessante quanti prigionieri di questa camicia di forza non sopportino che essa venga allentata". Effettivamente su centoquarantuno minuti totali, meno di quaranta sono riservati a scene con dialoghi. E la maggior parte di questi sono compiuti da una macchina parlante, il calcolatore HAL 9000. Tema centrale del film è la ribellione del più perfetto dei suoi prodotti contro il proprio creatore, l'uomo.


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