Dal big bang alla polvere?

Creato il 13 maggio 2014 da Media Inaf

L’incubo è che la storia si ripeta. E che vada a finire come per gli sfortunati neutrini di Opera, saliti sull’altare in quanto più veloci della luce per poi riprecipitare – appena pochi mesi più tardi –  nell’anonimato di quella polvere di particelle che il limite di Einstein lo rispettano. Nel caso odierno, però, non si tratta di neutrini, bensì di onde gravitazionali: quelle primordiali, levatesi impetuose subito dopo il big bang e rintracciate dal telescopio antartico BICEP2 – stando all’annuncio giunto da Harvard il 17 marzo scorso – nel segnale in polarizzazione del fondo cosmico.

Un annuncio clamoroso, quello di BICEP2. Talmente clamoroso e inatteso da viaggiare sempre a ruota di un cauto “se confermato”. In attesa dell’agognata conferma, pressoché dal giorno successivo all’annuncio hanno iniziato a circolare in rete voci e mormorii sempre più insistenti sulla presenza di una contaminazione residua nei dati analizzati dal team. Contaminazione da parte di cosa? La candidata principale è stata da subito identificata nella polvere galattica.

Ebbene, uno di questi mormorii, illustrato in modo molto particolareggiato sul blog Résonaances, è infine approdato sulle pagine di Science. Stando a quanto riportato dal primo e ripreso dalla seconda, per rimuovere la contaminazione dovuta all’emissione in polarizzazione della polvere galattica il team di BICEP2 si sarebbe affidato a una delle mappe prodotte da Planck. Ma poiché il consorzio di Planck ancora non ha reso pubblico l’insieme completo dei dati in polarizzazione, almeno non ufficialmente, il team di BICEP2 ha dovuto arrangiarsi con quel poco che aveva: il file pdf, ricostruisce Adrian Cho su Science, di una mappa presentata durante una conferenza.

A questo punto gli “it seems” e gli “apparently” s’infittiscono, e il gossip si tinge di giallo. Comunque sia, il sospetto insinuato dal post su Resonaances è che il team di BICEP2 non abbia tenuto conto d’un ulteriore segnale – oltre a quello dovuto alla polvere – presente in quella mappa: la CIB, ovvero il foreground extragalattico.

Prima di proseguire, vediamo dunque di fare un po’ di luce sulla natura di questi due ingredienti: polvere e CIB. «La polvere», spiega Sara Ricciardi, cosmologa all’INAF IASF Bologna, «è una componente galattica diffusa, ovvero presenta delle strutture anche (e soprattutto) a grandi scale angolari ed è caratterizzata da una legge di emissione di corpo grigio. Questa emissione è dovuta al fatto che i grani di polvere presenti nella nostra galassia assorbono fotoni energetici e poi li riemettono termicamente nella finestra di frequenze interessanti per la misura della CMB, la radiazione di fondo cosmico. La polarizzazione di questa emissione varia in cielo e sostanzialmente dipende dalla distribuzione delle dimensioni dei grani di polvere e dal campo magnetico della galassia. La CIB, ovvero il Cosmic Infrared Background, è un foreground extragalattico, e anch’essa emette nell’infrarosso. È una componente diffusa, anche se la luce della CIB viene in realtà da oggetti compatti: la CIB è infatti l’emissione cumulativa di galassie, protogalassie e galassie in evoluzione attraverso la storia dell’universo».

Insomma, semplificando brutalmente, la polvere è quella in primo piano, mentre la CIB – essendo originata al di fuori della galassia – le sta alle spalle. Ma non per questo la si può trascurare, anzi: non considerandola il risultato è, paradossalmente, quello di sottostimare il contributo in polarizzazione dovuto alla polvere. Possibile che il team di BICPE2 abbia davvero usato quella mappa, senza accorgersi della sovrapposizione fra i due segnali? Smentendo nel modo più categorico d’aver ammesso l’errore, il ricercatore di BICEP2 Clement Pryke ribadisce sulle pagine di Science la completa fiducia nella validità dei risultati presentati lo scorso marzo.

Quanto ai membri della squadra di Planck, che esattamente una settimana fa hanno pubblicato una stupenda mappa – mappa che purtroppo, vedi la perfidia del caso, lascia scoperta proprio la regione esaminata da BICEP2 – dell’emissione polarizzata della polvere galattica, bocche cucite e atmosfera d’attesa. «Riguardo al risultato di BICEP2, pubblicizzato settimane fa», ribadisce infatti Reno Mandolesi, responsabile dello strumento LFI, «continuo a usare la formula ufficiale del nostro team Planck: no comment. Posso però garantirvi che ci stiamo lavorando giorno e notte. Penso anche che un pizzico di pazienza sia un prezzo che vale la pena pagare per un risultato scientifico solido. E vedrete che nel giro di qualche settimana avremo occasione di riparlarne. Non fatemi dire di più».

E allora non ci resta che attendere. D’altronde, si sa, la scienza è un piatto che va servito freddo.

Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina


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