Duchesne è il nick con cui Federico Baccomo ha iniziato nel 2007 a firmare i post di Studio Illegale, blog nato per raccontare la sua esperienza di avvocato in un lanciatissimo studio legale milanese. Lo stile ironico e pungente gli regalano subito il successo e l’esordio nelle librerie, appena due anni dopo, con Marsilio Editore.
Il libro Studio illegale – 7 edizioni e 35.000 copie vendute – si imporrà come uno dei migliori esordi italiani del 2009. Adesso Federico è in attesa che venga prodotto un film ispirato alle sue storie. E, malgrado i tanti impegni per il lancio del suo nuovo romanzo, “La gente che sta bene”, ci ha concesso un po’ del suo tempo per raccontarci com’è avvenuto il passaggio dal blog al libro.
Come e perchè nasce l’idea di aprire un blog?
Un blog, anche se pare un po’ passato di moda, mi pare rimanga ancora il mezzo migliore per raccontare qualcosa. Offre immediatezza e una platea teoricamente smisurata di lettori. A me andava di raccontare un certo tipo di ambiente più o meno professionale, di personaggi che nei comunicati stampa poi sono diventati “gli avvocati d’affari”, ma nella mia testa erano semplicemente tutti quelli che si trovano bloccati in un lavoro, in una vita che non hanno realmente scelto. E, prima ancora di pensare a un romanzo, il desiderio era quello di buttar fuori le idee, i racconti, senza altro scopo che non fosse quello di far divertire chi fosse finito sulle mie pagine.
Quando hai cominciato, immaginavi che i tuoi post sarebbero diventati un libro?
No, si comincia sempre con un certo pudore, la speranza che magari una decina di persone, una ventina nei giorni di maggiore ottimismo, possano affezionarsi al mondo che stai raccontando. Poi, la sorpresa è stata vedere crescere la comunità dei lettori, vedere che c’era un gruppo sempre più numeroso cui sembrava piacere il mio stile, le mie storie, e l’idea di ampliare quei racconti in un vero e proprio romanzo ha cominciato a insistere.
Come è stato il passaggio dal Web alla carta stampata?
Un blog e un romanzo son due cose molto diverse. In un blog si offrono gratuitamente dei brevi pezzi più o meno autoconclusivi che spesso finiscono per essere letti nelle ore di lavoro. Un romanzo invece è una storia lunga, che cerca un lettore disposto a pagare 17 euro per poi dedicarsi alla lettura nel suo tempo libero. Tutta un’altra prospettiva. All’inizio è stata dura, quello che funzionava on-line perdeva sulla carta, ma poi fan presto a venire fuori i vantaggi di un libro, fondamentalmente quel respiro più ampio che fa sì che personaggi, luoghi, relazioni, più o meno bidimensionali, possano trovare quella terza dimensione, quella profondità immediatezza e brevità che un blog spesso limita, offrendo naturalmente pregi diversi.
Puoi, oggi, definirti uno scrittore e cosa significa in pratica esserlo?
Credo sia difficile definirsi scrittori, son pochi quelli che possono farlo davvero, quelli le cui parole son così belle e importanti da sovrapporsi al resto.
Hai qualche consiglio per coloro che stanno tentando, più o meno consapevolmente, di emergere come scrittori partendo dal Web?
Uno dei punti di forza di internet è quella libertà che il sistema editoriale sembra ostacolare. Ecco, io credo che sia importante che chi scriva sappia controllare quella libertà, il fatto di avere davanti tutte le pareti bianche del mondo non vuol dire che uno debba cominciare a buttarci addosso dei colori.
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