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Dal Capo al Cairo#14: attraverso la Tanzania sul Kilimanjaro Express

Creato il 02 marzo 2013 da Nonsoloturisti @viaggiatori

Non avevo grande interesse per la Tanzania: i safari erano fuori dal mio budget e Zanzibar era fuori dalla mia rotta. Ma dovevo attraversare il Paese per raggiungere l’Uganda e avevo deciso di farlo in treno.

Il Kilimanjaro Express parte due volte alla settimana da Kapiri Mposhi, in Zambia, e raggiunge Dar es Salaam in tre giorni di viaggio ininterrotto, sfiorando città e villaggi rurali e penetrando nella riserva naturale del Selous Game Reserve. Arrivato con una combinazione di autobus e autostop a Mbeya, prima tappa del K-Ex in suolo tanzanese, ho raggiunto la stazione ferroviaria per aggiudicarmi un biglietto di seconda classe. La stazione è un edificio fatiscente ai margini della città e lo sportello della biglietteria – il solo disponibile – chiude per pranzo dalle 12 alle 15. Così, dopo tre ore in attesa sotto il sole cocente, mi sono buttato nella mischia che sostituisce qualunque parvenza di coda di fronte allo sportello e, dopo aver incassato una gomitata da una donna molto alta e più larga che alta e aver colpito con un calcio rotante un giovane congolese per pura ritorsione, mi sono prenotato per il treno del giorno dopo.

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Il treno sarebbe dovuto partire all’una del pomeriggio. Alle quattro ci hanno finalmente ammesso ai binari altrimenti chiusi al pubblico. Alle sei ci siamo messi in movimento, lenti e placidi come una nave da crociera. La cabina era costituita da quattro brande per la notte e su due di esse si trovavano un anziano turista tedesco di ritorno da una vacanza a casa della figlia e un giovane zambese in viaggio di lavoro. Ho provato a corrompere Heinz – no, non ricordo davvero il suo nome – con una birra nel vagone ristorante, ma il mio compagno di viaggio era alle prese con la profilassi antimalarica, una micidiale combinazione di pilloloni da prendere quotidianamente fino a due settimane dopo il reimpatrio verso cui non ho mai avuto la minima fiducia, e non condivideva il mio entusiasmo riguardo alla combinazione di alcol e midicinali.

Il vagone ristorante era cosituito da due file di tavoli per quattro persone e non era in alcun modo immune ai continui sbalzi del treno. I camerieri vi sevivano tre pasti al giorno su vassoi che sfidavano questi sbalzi in barba a qualunque legge fisica, un esercizio che a loro riusciva molto meglio di quanto non riuscisse a me consumare tali pasti. Un’altra componente del viaggio che non era esente a tali sbalzi era il pernottamento: rannicchiato sulla mia brandina ho superato la sola notte di viaggio quasi senza dormire, e quando riuscivo a dormire anche l’ambientazione del mio sogno continuava ad andare su e giù animata dagli sbalzi che accompagnavano la mia presenza corporea.

Sono arrivato a Dar es Salaam il pomeriggio seguente, dopo circa 25 ore trascorse sul treno. La città appariva grigia e monotona, ma la sera si animava di musiche e mercati. Era il periodo del Ramadan, e solo dopo il tramonto la maggioranza musulmana della città si riversava sulle strade per bere té caldo, consumare dolci ed enormi pentoloni di fagioli e rallegrarsi con la musica emessa da radioline a batterie. Vicino all’area portuale, da dove partono i traghetti verso Zanzibar che io non avrei preso, c’è il mercato del pesce, dove è possibile tra l’altro acquistare gamberie calamari crudi, da consumare con una spruzzata di limone portandoseli via avvolti in un foglio di giornale.

Dopo un paio di giorni passati passati a informarmi sui possibili mezzi di trasporto ho acquistato un biglietto sull’autobus per Mwanza. La mia destinazioe era il lago Vittoria, famoso per essere infestato da pirati e contrabbandieri, e io speravo di attraversarlo in qualche modo per raggiungere l’Uganda.

La rotta del Kilimanjaro Express:


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Leggi il capitolo precedente: in nave verso la Tanzania.

Flavio Alagia

Flavio Alagia

Dopo una laurea in giornalismo a Verona, mi sono messo lo zaino sulle spalle e non mi sono più fermato. Sei mesi a Londra, un anno in India, e poi il Brasile, il Sud Africa… non c’è un posto al mondo dove non andrei, e non credo sia poco dal momento che odio volare. L’aereo? Fatemi portare un paracadute e poi ne riparliamo.

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